— 48-
L'amor patrio de! Carducci nato dai tempi si fortificò negli studi e nel culto di Orazio e Virgilio sino a quello di Dante, del Machiavelli, del Foscolo e dell'Alfieri, come a dire dei più puri germogli della italiana tradizione; e perciò egli combattè la sua guerra con il peana, cantando Italia ai vivi e ai morti, nella gloria passata e nel martirio presente, salutando le prime vittorie, dannando l'onte e le abiezioni, per risalire con l'inno a celebrare l'eroico duce dei mille, l'italo Amleto •e i martiri di Belfiore: « Vate d'Italia a la stagion più bella » ripetè il grido fatidico dell'Astigiano — Italia, Italia! —, il grido che risveglia i morti,., che percuote l'urne d'Arquà e Ravenna, che ridesta i pigri cuori e gli animi giacenti; e quando l'Italia fu libera, egli la coronò de l'alloro, sì, ma la spronò ancora con la sua voce perchè divenisse ancora grande. « Tutta la patria — parve essere stato il tacito motto della sua poetica impresa ; tutta la patria, nel risorgere delle memorie eroiche dalle Alpi estreme, lungo il corso dei fiumi e giù per i dossi dell'Aj}pennino, alle isole estreme ; tutta la patria, nel peregrinare medesimo del Poeta, e negli stessi canti più intimi dell'anima sua, che, nati m Maremma tra i forti e tristi ricordi dell' adolescenza, salgono a morire col pianto dell' ultimo amore su per il brullo altipiano e fra le livide morene dello Spluga » (10).
Come nel Divino Poema, così nella lirica carducciana non vi è lembo della sacra terra che non abbia avuto la sua consacrazione. Ecco l'Alpi gi gantesche e i retici balzi su cui splendono le nevi immacolate e si agita ai venti l'inclita bandierai