— 84 —
condo gli accenti ritmici, distribuendo le sillabe accentate in modo che corrispondano alle arsi (elevazione della voce) e le sillabe non accentatei alle tesi (abbassamento della voce).
Quello adottato dal Carducci è il secondo metodo. Ed egli chiamò le sue poesie barbare « perche tali sembrerebbero al giudizio dei greci e dei ro-1 mani, sebbene volute comporre nelle forme metriche] della loro lirica, e perchè tali suoneranno pur troppo a moltissimi italiani, sebbene composte e armonizzate di versi e di accenti italiani». Il metodo carducciano ha il vantaggio di accostarsi da un lato alla metrica latina e, dall'altro di riprodurre quei versi colla naturale forma italiana, onde ciò che perdesi, a così dire, in classicità si acquista in armonia; mentre la prima maniera, sebbene completamente classica, si scosta troppo dalla natura della lingua italiana, cui è ignoto il senso della quantità.
La metrica classica si dilfuse anche presso le altre letterature moderne, in Germania col Klop-stock, il Goethe, il Platen; in Inghilterra con l'Ellis, il Longfellow, il Ivingsley, e con minor fortuna in Francia col Jodelle, il D'Aubigné, ecc. Per quello clie riguarda la storia nostra, valga sapere che il vero rinnovatore dei metri latini fu Claudio Tolomei (1492-1555), quantunque già prima di lui avessero scritto esametri Leon Battista Alberti e Leonardo Dati. Il Tolomei seguì la maniera classica, contando per quantità, imitato dal Caro e dal Fracastoro. 11 Chiabrera invece ed il Fantoni, riproducendo il metro latino, tennero conto degli accenti, resero cioè i metri latini con accoppiamenti di versi ita-