Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
26 storia fiorentina. [15-29]rentini le mandavano ambasciadori, e pregarla che non gli volesse ascoltare. Esposero secondo la commessione che fu loro data, senza fare alcuna menzione di papa Clemente: Che come buoni e obbedienti figliuoli dell' Imperio, erano venuti in nome della città e di tutta la republica fiorentina a fare umilmente riverenza a Sua Maestà, e rallegrarsi con esso lei della venuta sua in Italia, mediante la quale si sperava, dopo tante guerre e sì lunghi travagli, pace e riposo, non solamente alla misera e afflitta Italia, ma a tutta quanta la Cristianità. Che chiedevano colle braccia in croce, e non meno col cuore che col corpo umilmente infino a terra inchinandosi, perdono dalla molta bontà e somma clemenza sua, se il popolo fiorentino, costretto dalla forza e sforzato dalla necessità, avesse per difesa e mantenimento della salute e libertà sua, alcuna cosa per alcun modo contra Sua Maestà operato ; e brevemente le facevano a sapere, i Fiorentini essere e dovere essere sempre prontissimi a far tutte quelle cose che Sua Maestà in qua-lunche tempo e luogo, e per qualsivoglia cagione imponesse e comandasse loro; solo che gli lasciasse vivere liberi e colle loro leggi: la qual cosa essi in nome di tutto 7 popolo e senato fiorentino chiedevano di spezialissima grazia, e con tutte le forze degli animi e corpi loro; perciò che più tosto che ritornare un' altra volta sotto il giogo della servitù, avevano di comune parere concordemente diliberato di volere, non pure sofferire tutte le cose, quantunque dure e intollerabili, colf esempio de' Saguntini, ma offerire eziandio spontaneamente per la loro libertà se medesimi e le vite loro, insieme colle mogli e figliuoli propri, a ogni maniera di morte; ancora che speravano prima nell' infinita grazia e misericordia d'Iddio, poi nella somma giustizia e bentgnità di lui, che a sì duro partito, e a tanto crudele e miserabile sterminio non si verrebbe. E ultima-tamente gli ricordarono, che V aver conservata viva, e mantenuta nella sua antica libertà una città non meno forte e possente che magnifica e bella, la quale umile e riverente era ricorsa e si metteva tutta nelle sue potentissime e giustissime braccia, non sarebbe V ultima traile molte e grandissime glorie di Carlo quinto. L'imperadore, il quale era fermo di osservare la capitulazione e di soddisfare al papa in tutto e
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