Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
[1529] libro nono. - 31
Vineziani, se non causa (come dicevano essi), certo occasione d'abbandonarli, come di sotto si vedrà.
XXI. Mentre che i Fiorentini erano dietro a non lasciare indietro cosa nessuna la quale alla difensione della salute e della libertà loro s'appartenesse; papa Clemente, il quale era divenuto cagionevole di maniera, che si diceva per tutto la sua malattia essere incurabile, e molti credevano, e tra questi egli stesso, lui essere stato avvelenato, la quale era la più viva speranza che avessono i Fiorentini, tosto che, gittate alcune pietruzze che mostravano.lui sentire di renella, e cessati i dolori, fu risanato, cominciò; veduto che Cesare non gli dinegava cosa nessuna, e sperando che la pratica di Cambrai dovesse quel fine avere che ella ebbe ; a dire e a fare in modo, che si conosceva aperto da ognuno, lui aver 1' animo alla guerra, e voler tentar per tutte le vie di racquistare il dominio di Firenze ; e procedendo oggimai alla scoperta, fece ritenere gli agenti di Malatesta nelle sue terre da'suoi ministri; la qual cosa andò cosi. Aveva Malatesta, perchè il re confermasse la sua condotta, mandato in Francia il cavaliere di Montesperello da Perugia, e con lui ser Vecchia Alessi; la qual cosa il re, per non dispiacere al papa, andava differendo sotto vari colori (il quale gli aveva scritto, e gravemente s'era doluto di Malatesta), pure alla perfine non solo ratificò la condotta, ma diè loro i danari del primo quartiere, e di più gli prometteva sotto certe condizioni l'ordine di san Michele, il quale per lo essere il bagli Robertet gran cancelliere ammalato, o per altra più vera cagione, non si spedi. Essi tornandosene a Perugia, ed essendo stati avvisati da Malatesta che non dovessono toc- , care del Ferrarese, dubitando egli non il duca gli facesse ritenere, s'imbarcarono il giorno di Santa Maria Maddalena a Ravenna, e trasportati da una tempestosa fortuna in una spiaggia vicino a Rimini, furono per ordine che aveva già posto il papa, presi amendue. Era in quel tempo presidente della Romagna l'arcivescovo Sipontino, che fu poi il cardinale di Monte, e all' ultimo aiutato dal favore della fortuna, ma più favorito dall' aiuto di Cosimo duca di Firenze, papa Giulio terzo: costui dunque e il vescovo di Faenza, oggi
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