Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
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190 storia fiorentina. [1529]LXX. Avevano i Pistoiesi pur con licenza de' commessari creato dieci uomini sopra la guerra con pienissima autorità, i quali dieci uomini parte dell' una e parte dell' altra parte, essendosi ragunati nel palazzo pubblico agli ventuno di dicembre per far consiglio, Niccolò Bracciolini, uomo timido tra gli audaci, e fra i timidi audacissimo, e quando era al di sopra, avendo squadrato il commessario, e conosciuto lui non esser uomo nè da quei tempi nè da quel luogo, volle, ancoraché non fusse di quel magistrato, intervenirvi a ogni modo; la qual prosunzione Baccio Tonti capo della parte Cancelliera ebbe grandissimamente a male; e confidatosi nell' autorità del commessario, il quale aveva per sua guardia e della città cinquecento buoni soldati sotto Giovanni e Michele da Pescia, seguitava di favellare liberamente. Già s' era sparso, che i Fiorentini volevano abbandonare Pistoia, e dato ordine che le fanterie e l'artiglierie si ritirassono in Prato per a Firenze; onde i Panciatichi erano iti seminando, che Pistoia s'aveva a spogliar di tutte le grasce e vettovaglie insino a cavare gli zaffi de'tini, e le cannelle e li zipoli delle botti. Baccio Tonti consigliava come Cancelliere, che la* città si dovesse tenere da sè, e mantenersi nella devozione de' Fiorentini ; ed il Bracciolini, come Panciatico, voleva che mandassono a Bologna ambascia-dori al papa, ad offerirgli la città, e che per nulla si doveva comportare che Pistoia si sfornisse, anzi bisognava provvedere di rimedio, anziché duo capitani mandati di Firenze a questo effetto arrivassono. Erano due i capitani Bernardino Ba-glioni da Pistoia e Lorenzo da Gavinana1 amendue Cancellieri. Sopra queste contese nacquero di cattive parole, e per poco non si venne alle mentite; onde gli dieci uomini, perchè non si procedesse più oltra collo ingiuriare, rimisero cotal deliberazione al Consiglio generale.
Agostino, sentiti questi romori, e veggendo ogni cosa in garbuglio, e temendo di sè in luogo d'esser temuto dagli altri, senza aspettare o chiedere altramente licenza si partì, e non volendo andare a Bologna per non esser fatto rubello e perdere tutti i suoi beni, nè osando tornare a Firenze per la paura,
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