Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
216 storia fiorentina. [1529-1530]signor Mario Orsino, tanto lo disfavoriva l'esser vivo il signore Stefano Colonna, il quale, oltrachè meritava per la sua virtù qualunque grado, era grandissimamente amato dalla gioventù e da tutto l'universale di Firenze : ma egli essendo, se non fredda, molto guardinga e circospetta persona, e per tale volendo esser tenuto, a chiunche gli ragionava del generalato rispondeva, come se non fosse toccato a lui, o non se ne fosse curato : lo sto col re : il Cristianissimo m' ha mandato qua. Nè mai, per forza che gli fosse fatta, si potette cavar altro dalla sua bocca; onde il gonfaloniere, tutto che non fosse molto affezionato a Malatesta, perchè aveva favorito sempre il signor Mario, fece ragunar la Pratica, e agli dodici propose nel Consiglio degli Ottanta, se pareva loro che a Malatesta, il quale instantissimamente lo chiedeva, si dovesse dare il generalato e consegnare il bastone. Sopra la qual deliberazione furono considerate molte cose, e massimamente che la sua condotta durava ancora quattro mesi, e poi v' era l'anno del beneplacito ; ancora, eh' egli era talmente storpiato dal mal francioso, che poco o niente si poteva della sua persona valere: nulladimeno avendo dinanzi agli occhi la qualità de' tempi e la necessità nella quale si trovavano, aspettando d'ora in ora la batteria e 1' assalto alle mura, vinsero assai favorevolmente che se gli dovesse compiacere, e che al signore Stefano per tenerlo contento si désse, oltra la guardia di tutto il Monte, la cura e la maggioranza del governo della milizia e ordinanza fiorentina; la quale un mercoledì agli ventisei del medesimo mese di gennaio, accompagnò Malatesta da casa sua sino sulla piazza de' Signori, dove nella ringhiera 1' aspettava colla solita pompa il gonfaloniere e la Signoria con altri magistrati : e per mostrare che quello era giorno solenne e feriato, avevano inghirlandato il Marzocco, messagli la corona d' oro sopra il capo. Arrivato dunque Malatesta dintorno a ventidue ore riccamente addobbato con un' impresa nella berretta, il motto della quale diceva LIBERI AS, e avendo riverentemente salutato la Signoria, Raffaello Girolami, ascoltando tutto il popolo, disse queste, o altre somiglianti parole :
XV. La medesima cagione che mosse già, illustrissimo e
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