Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
223 storia fiorentina. [1529-1530]Stefano solennemente giurato sopra il libro de' Vangeli, di dover fedelmente e con ogni loro sforzo, mentrechè avessono vita addosso, difender la città di Firenze. Nè mancò uno il quale, non so se per beffe, o da do vero tamburò il papa, e tutti quattro i cardinali fiorentini che si trovavano col papa a Bologna, affinechè, citati e rimessi al severissimo giudizio della Quarantia, avessono, come quelli che facevano contra la patria, bando di rubello pubblicamente, e i loro beni confiscati.
XIX. Ma per intendere che significhi tamburare, verbo proprio e particolar di Firenze, bisogna sapere, che traile pessime e perniziose leggi e usanze della repubblica fiorentina era questa. Stavano e stanno ancora in alcuna delle chiese principali, e specialmente in Santa Maria del Fiore, certe cassette di legno assai ben grandi serrate a chiave, appiccate d'intorno alle colonne, le quali cassette, chiamate tamburi, hanno dinanzi il nome scritto di quell' ufficio o magistrato a cui elle servono, e di sopra un' apertura, per la quale si può da chi vuole mettervi dentro, ma non già messa cavare, alcuna scrittura. Ora, chiunque vuol tamburare, cioè accusare o querelare chi che sia d'alcun maleficio, il quale meriti punizione o afflittiva o pecuniaria, e che non si sappia chi ne sia l'accusatore, scrive in sur una polizza, ti tal di tale ha commesso il tal eccesso, e se gli pare, scrive ancora o il luogo, o il tempo, e alcun testimonio; poi la getta segretamente nel tamburo di quel magistrato, al quale s'aspetta ordinariamente la cognizione di quel delitto; e se vuol guadagnare il quarto della pena, e che gli sia tenuto segreto, mette in quella polizza alcuna parte d'una moneta rotta da lui, o d' alcun altro contrassegno, mediante il quale possa, seguita la condennagione, mostrare con quel rincontro, lui esser quegli che tamburò il condennato. Questo dannoso e biasimevole costume, perciocché l'accuse si debbono fare a viso aperto e non di nascoso, acciò siano accuse e non calunnie, era ito quasi in disusanza, sì per altre cagioni, e si massimamente perchè a qualunque reo e tristo uomo era lecito per quel modo infamare qualunque uomo buono e valente ; ed anco avveniva bene spesso, che quando uno sospettava
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