Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
228 storia fiorentina. [1529-1530]fratello del gonfaloniere, il quale era cubiculario del papa, uomo piacevole e di buona, cioè lieta vita, fu mandato da Clemente a Firenze perchè favellasse con Raffaello, più per farlo sospetto che per altro, e per mostrare che aveva anch' egli dalla parte sua i fratelli propri o i parenti più stretti di coloro i quali governavano Firenze: ma innanzichè egli arrivasse a Scarperia, gli fu mandato a dire da parte del reggimento, che per buona e giusta cagione non passasse più oltre: ond'egli se ne ritornò scorbacchiato a Bologna. Il medesimo messer Iacopo fu mandato dal medesimo papa Clemente al re cristianissimo perchè lo tenesse ben disposto e gli dicesse male del governo di Firenze, ancoraché il fratello fosse gonfaloniere; ond' egli, il quale era prete e stava col papa, fece ogni cosa.
XXVII. Pagavano i Fiorentini in questo tempo nella città di Firenze solamente più di quattordicimila paghe, ma i soldati erano meno di dodicimila, e forse di diecimila; e non era mancato chi avesse messo innanzi, che si dovesse fare uno sforzo, e assaltare i nimici prima che essi fortificandosi, come facevano tuttavia, avessono preso piede, e a loro fussono mancate le vettovaglie e i danari, che di giorno in giorno venivan meno. Ma coloro a cui ciò toccava, parte per non tentare la fortuna, parte per credere di dovere essere a tempo, parte dissuasi da' capi, l'andavano prolungando, dando tempo al tempo, con isperanza che Filiberto dovesse, come diceva di dover fare, ogni venerdì, giorno favorevolissimo agli Spagnuoli, far la batteria e dar l'assalto alla terra; perchè si sapeva che in Bologna, dov' era stato di nuovo il principe con Baccio Valori e col marchese del Guasto, s'era consultato sopra questo, e che tra gli altri, Anton da Leva aveva detto che Firenze, dandogli l'assalto, si piglierebbe; onde si credette che dovesse venir egli per cotale impresa; e per questa cagione non solo in quel tempo, ma ancora oggi è da molti biasimato Oranges, perchè egli o come di poco animo, o di poco sapere, non battè mai Firenze. Della qual cosa, perchè non si fece l'esperienza, la qual sola vince tutte le ragioni, non si può far giudicio certo; si può ben conghietturare, e secondo me si dee, che la maggior prudenza che usasse il principe in
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