Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
262 . storia fiorentina. [1530]tare i nimici, come faceva quasi ogni giorno, fu, perchè portava in capo uno spennacchio grandissimo fatto di molti pennacchi bianchi, conosciuto da quei di mont'Oli veto, i quali gli posero la mira, e dato fuoco a un sagro lo colsero per mala ventura nella coscia diritta, e gliele sfra-gellarono di maniera, ammazzatogli sotto il cavallo, che bisognò la si facesse segare. Era questo gentiluomo di tanto sapere nelle lettere d' umanità, e di tal virtù nella scienza dell'armi, e di così alto, franco e ardito coraggio, che egli se vivuto fosse, arebbe forse avuto de'pari, ma superiori, che io creda, no; e oltre queste tante e sì rare doti, era di così belle e laudevoli, e di così dolci e graziose,1 e cosi nobili e costumate maniere, che per quanto a me pareva (il quale gli parlai più volte, alloggiando egli vicino alla casa grande de'Lenzi, dove io in que'tempi mi riparava ogni giorno), non si poteva chiedere a lingua nè desiderare più. Il soldo suo e '1 numero de' cavalli eh' egli di condotta aveva, i quali erano centodue, furono con laudevole gratitudine tra Alessandro suo figliuolo legittimo, e Muzio suo figliuolo naturale, partiti ugualmente, confermato messer Primo suo banderaio, e dato loro per luogotenente messer Matteo suo cugino.
LIX. Avendo il viceré inteso, come il Ferruccio aveva ripigliato Volterra, e che egli non volendo lasciarla sfornita, non poteva ritornarsene a Empoli, come aveva pensato di voler fare, perchè di fuori era il Maramaldo con tutte le genti sue; fece pensiero di voler tentare la spugnazione di quel castello, il quale manteneva, si può dire, viva la città di Firenze, e commisse il carico di quest' impresa a Diego Sarmiento capitano de'Bisogni, dandogli, oltra le sue nuove, parecchi delle bande vecchie di quelle del marchese del Guasto, don Ferrante Gonzaga con tutti i cavalli, e il maestro dell'artiglierie, il quale si chiamava il signor Sampe-tro; scrisse ancora al signore Alessandro Vitelli, il quale si trovava nel pistoiese, che si trasferisse velocemente a Empoli colla sua gente; il quale agli ventiquattro s'accampò
* E di coti dolci e graziose, sono parole del MS. P.
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