Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
[1530] libro undecimo. ^319
tere grandi questa parola, LIBERTAS, ed il vento la trasportò prima in sul tetto di San Piero Scheraggio, poi in alcune corti vicine a Baldracca, mtantochè s'ebbero delle fatiche e si penò un buon pezzo innanzichè ella rinvenire si potesse.
CV. I Fiorentini, ancoraché si trovassero allo stremo di tutti i beni, mancando loro quasi ogni cosa, e nel colmo di tutti i mali, conciossiacosaché alla guerra e alla fame, due delle maggiori disgrazie e calamità che avere si possano, s'era aggiunta per arroto la terza ancora, se non superiore, certamente eguale all'una e all'altra di loro, cioè la peste, la quale appresasi nel munistero di Sant'Agata, non si sappiendo come, cominciava a fare qualche danno per le pendici; e benché l'imperatore gli perseguitasse più che mai, perchè aveva scritto di fresco al duca di Ferrara, che, sotto pena della disgrazia sua, mandasse via l'oratore fiorentino, il quale colla lettera del benservito se n'andò a Vinegia; e non ostante che avessono perduto la speranza del re di Francia in tutto, e quella del commessario Ferruccio in gran parte, essendo venuto novelle ch'egli non prima fu arrivato in Pisa, ch'egli per le molte fatiche infermò, e con tutto che nè i Fabbroni, nè i signori di Vernio, nè i Malespini, nò alcun altro désso loro sussidio nessuno di veruna ragione; nondimeno eglino nel mezzo di tanti e così grandi infortuni, soprastando loro tante e cosi grandi tempeste, seguitavano colla solita o costanza o pertinacia di volere (come aveva più volte deliberato la Pratica nel consiglio degli Ottanta) uscir fuori coli*armi a ogni modo, e tentare per estremo rimedio l'ultima prova o di vincere valorosamente, o di onoratamente morire. E fra l'altre Pratiche pe fecero una, alla quale oltre i magistrati ordinari, s'arrosero sedici cittadini per ciascun quartiere, nella quale non si propose altro nè si consultò, se non, se era bene che il magnifico gonfaloniere dovesse uscir fuora coli'esercito a combattere; e tutti unitamente consigliarono e risolvettero di si, ed egli, il quale era pur troppo ambizioso e vanaglorioso, l'accettò grandemente volentieri. Coloro i quali in detta Pratica riferirono, furono questi: messer Piero da Filicaia, messer Francesco Nelli, messer Lorenzo Ridolfi, messer Pagolo Bartoli, messer Bono Boni, messer Alessandro
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