Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
[1530] libro undecimo. ^321
chi loro credeva: e anche gli oracoli di Pieruccio facevano qualche cosa : benché egli, il quale pareva bene, ma non era mica semplice, sappiendo quanto è più malagevole l'indovinare quando si giuoca alle corna, che l'apporsi quando si fa a pari o caffo, dava i suoi risponsi generali, condizionati e oscuri, chè cosi (secondochè egli a' più intrinsichi e seguaci diceva) gliele imboccava l'amico suo, ed anco egli era creduto, non ostante che, oppugnandolo i frati di San Marco continuamente, aveva assai di credito e non poco di riputazione perduto.
CYI. Stava in questo tempo Malatesta molto perplesso e in grandissimo travaglio di mente; perciocché egli aveva pensato sempre che i Fiorentini, veggendosi abbandonati per ogni verso da tutti gli aiuti e divini e umani, e condotti in tante miserie e tali calamità, che non avevano, oltre la peste, nè da mangiare nè da pagare i soldati se non per brevissimo spazio, si dovessero rimettere in lui, e pregarlo che per la salvezza loro tentasse di fare alcuno accordo quale si potesse il migliore, e cosi che non solo il papa, ma ancora i Fiorentini gli avessono ad avere obbligazione; ma ora conoscendo questo suo disegno esser vano, per la deliberazione eh' aveva fatto la Pratica di volere che si combattesse a ogni modo, andava mulinando tra sè, come potesse fare a ottener per forza o con inganno, quello ch'egli non aveva nè con ispaventi nè per conforti ottenere potuto. E volendo fare il tradimento, ma non già esser tenuto traditore, si risolvette alla fine in questa maniera. Egli, essendo sicuro del signore Stefano (il quale solo arebbe potuto impedirlo, ma o per vendicarsi di lui, o per mostrare a'Fiorentini l'error loro, o piuttosto per l'una cosa e per l'altra, non solo non volle farlo, ma l'andò sempre secondando in tutte.le cose), commesse a un suo capitano da Perugia, chiamato, perchè aveva gli occhi biechi e guardava a traverso, Cencio Guercio, di cui egli in simili affari confidava molto, quanto voleva ch'egli facesse. Era Cencio amico del signor Pirro, ed il signor Pirro era di que' di tornato da Roma, dove era ito per favellare al papa; il quale riconciliatosi seco, anzi ricevutolo in grazia, comecché prima l'odiasse mortalissimamente, gli apri, conferen-
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