Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
33-2 storia fiorentina. [1530]dando nelle scrittele portate vere, si crearono otto commessari, l'ufficio de' quali era l'andare in persona a ricercare in tutte le case di tutte le grasce, le quali erano nascose variamente in vari luoghi, e farle portare in comune per darle assoldati, i quali stettero sempre pazientissimi.
CXXXIV. Io trovo che in quest' assedio, de' soldati di fuora furono uccisi dintorno a quattordicimila, e tra essi dugento capitani, e di quegli di dentro presso a ottomila, e tra essi ottanta capitani, senza la gente bassa e i contadini dell'un sesso e dell' altro, i quali in Firenze e nel suo distretto morirono in numero innumerabile di fame, di ferro, di peste e di stento. Non è già possibile di raccontare l'infinito danno, oltra gì' infiniti disagi, che soffersero per tutto il dominio fiorentino, così i poveri all'avvenante come i ricchi, e tanto gli uomini quanto le femmine; perchè, lasciando stare quanto rovinarono i Fiorentini propri, e quanto spesero per conto di questa guerra, il che fu un tesoro inestimabile; egli non fu nò città nè castello nè borgo o villaggio nessuno, nè così grande nè così piccolo e povero, il quale non fosse, e bene spesso più volte, o saccheggiato o in altri diversi modi crudelissimamente dannificato, e a nessuna casa, non che palagio, rimasero o usci o finestre, portandosene via ora i nimici e quando gli amici, non che altro gli arpioni e le campanelle confitte ne' muri, come infino a questo dì presente in moltissimi luoghi si può vedere.
CXXXV. Agli quattordici del mese spedì il papa messer Bernardino Coccio al signor Malatesta, perchè egli l'informasse a bocca di tutto quello che Sua Santità voleva ch'egli facesse,, con un Breve di credenza; nel quale scriveva d'avere inteso da messer Domenico Centurioni suo cameriere, e prima da moltissimi altri, con quant' amore e affezione egli fosse proceduto e procedesse tuttavia nella conservazione della città di Firenze sua patria e a benefizio delle cose di Sua Beatitudine; del qual benefizio non esser mai per iscordarsi, come gli referirà più a pieno messer Bernardino suddetto. E pochi giorni appresso gli mandò messer Martino Agrippa con un altro Breve, col quale rispondendo ad una sua lettera, lo confortava a dar fine, pari al principio, alla bisogna incominciata.
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