Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi
[1530-1531] libro dodicesimo. 425
e confinati, stava con non meno grande che ragionevole sospetto di non dovere essere, celebrandosi un legittimo e libero concilio, rimosso dal papato; e nondimeno, pernonisco-prirsi fingeva, secondo la natura sua, non solo di volerlo concedere, ma di aver caro che si facesse. Ricordava bene, che (essendo egli nel grado eh' egli era) gli bisognava aver riguardo che 1' autoritā de' pontefici non si diminuisse troppo ; pure che se ne rimetterebbe al giudizio e alla volontā di Sua Maestā, la quale era prudentissima, solo che si dovesse celebrare in Italia e alla presenza di lui : poi soggiugneva cose, le quali erano se non impossibili, tanto difflcultose, che mostravano la poca voglia che aveva di farlo, anzi il molto desiderio che aveva di non farlo. Perchč voleva che i Protestanti s' obbligassono di dovere stare alla determinazione del concilio futuro, e che in quel mezzo vivessono cattolicamente come Cristiani, e rimettessono la Santa Sede Apostolica nella possessione dell' ubbidienza di prima, e altre cosi fatte cose ; le quali i Luterani, i quali avevano maggior voglia di mostrare di volere avere il concilio, che d'averlo, mai acconsentite non arebbono ; anzi si credeva dagli uomini prudenti, che essi chiedessono il concilio, solo perchč sapevano che il papa mai, per le cagioni sopraddette, schiettamente non lo concederebbe.
XXXVI. Egli non si potrebbe nč dire nč credere quanto l'imperadore e Ferdinando suo fratello, qualunque causa a ciō fare li movesse, in tutti i modi, e pubblicamente e privatamente, ora colle buone, e quando colle cattive, si sforzassero con ogni ingegno, e s'ingegnassero con tutte le forze di ridurre i Protestanti in concordia co' Cattolici e cogli Ecclesiastici, e rimovendoli dalle loro scandolose oppenioni, riconciliarli colla Chiesa romana; promettendo lo imperadore, che opererebbe col papa di tal maniera, che Sua Santitā intimerebbe il concilio libero e legittimo fra sei mesi, e in termine ad un anno al pių lungo lo comincerebbe; la qual promessa era (come s' č detto) all' orecchie e al cuore di Clemente una feritamortalissima. MaiProtestanti, de' quali erano capi Gio-vanfederigo duca di Sassonia, uno degli elettori, e Filippo langravio d'Essen, nimici capitali in pubblico e in privato di
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