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di beni di fortuna, non ebbe più mestieri di pubblici uffizi. Vagò e scrisse; parlò libero e fu perseguitato: provò l'esiglio ed il carcere, e divenne lodator del passato, severo censore del presente. Leggendo gli scritti di lui, li crederesti dettati da Catone.
Alcune sue opinioni non piacquero e forse non piaceranno : tuttavia fu sempre morale. Ristorò, con Luigi Muzzi, l'epigrafia italiana, lasciandone di begli esempi. Scrisse di Belle Arti con grande acume; illustrò monumenti, dettò panegirici. È a desiderare che avesse scritto di più, e cose di maggior rilievo. Dobbiamo esser grati al Gussalli che raccolse e pubblicò tutti gli scritti di quest' autore elegante, erudito, gravissimo, il quale venne a morte in Parma il 2 del settembre 1848, avendo anni settantaquattro.
19. Giusti Giuseppe» — Nacque a Monsummano in Val di Nievole il 13 maggio del 1809, di civile ed ottima famiglia. Fu poeta da natura, non imitator di nessuno e difficilmente imitabile. Nella prima età scrisse versi erotici assai delicati : poi applicò alla satira popolare, affatto nuova in Italia, sicché può dirsene inventore. Essa (come dice l'illustre educatore Giuseppe Ignazio Montanari) fa ridere e pensare, diletta e tormenta ad un tempo, e mostra che sotto quel sorriso si cela un profondo dolore. Il poeta vi grandeggia quanto più sembra abbassarsi. Il Giusti ebbe ingegno straordinario,