Delle vivande e condimenti di Celio Apicio

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      arQUI SPIMELE^ DIC1TUR
      caput x.
      Ut carrem salsa m dulcem facias.
      Ci mera salsa ni dulcem facies, ti prius in la-cte coquas, et postea in aqua.
      caput xi.
      puces feicti ut diu durest.
      Eodera momento quo friguntur et levantur, ab aceto calido perfundantui*.
      caput xn.
      OsTBEA UT Din DURERT.
      Vas ab aceto, aut ex aceto vasculura pica-tura lava, et ostrea compone.
      caput xiiiUt uncia laseris toto tempore utabis.
      Laser in spatiosnm doliolum yitreum mittis, et nucléos pineos, ut puta viginti. Cumque uten-
      capo x.
      Come potrai raddolciiRaddolcirai la carne salata, ove da prima la cuoca nel latte, poscia nell'acqua.
      capo xi.
      Come si corsbrviro a lungo i pbsci fritti.
      Nello stesso momento in che si frìggano e si tolgano dalla padella, s'immergano ne IP aceto ealdo.
      capo xn.
      Come si corsbrviro per lurgo tempolb ostriche (i).
      Piglia un vase da aceto, oppure lava con aceto un vasuccio impeciato, e vi componi le ostri-che (a).
      capo xiii.
      Come potbai usar sempbe di ura sola orcia di laser (3).
      Metti la gomma-resina in un orcinolo spazioso di vetro, e con essa pinocchi ; per esempio
      (i) Ostrea edulis Linn. Ebrla Bajano veni modo concha Lucrino. Nobile nunc sitio luxuriosa garumf scriveva Marziale lib. xm. epìg. lxxxq. I Romani erano ghiottissimi delle ostriche. Sergio Orata, di coi favelleremo più innanzi, fu il primo che ordinò vivaj per le ostriche a Baja ; primo che mise in grande onore per lo gusto squisito quelle del Mar morto, fra Pozzuoli e Baja. Vedi Macrobio Saturnali, lib. secondo cap. xu.
      (a) Qui i commentatori discutono se le ostriche si collocassero nel vase col guscio o senza, ma mi sembrano inutili queste discussioni. L* autore dice vas aut vasculum che significa un vaso di poca capacità ; dunque col guscio no. E d1 altronde se Apicio Secondo mandò a Tiberio, che guerreggiava contra i Parti, ostriche fresche, acconciate secondo sua invenzione, in grandissimo vase, come sarebbe stato necessario per ispedirne in quantità conveniente, non è probabile: dunque le avrà spedite senza il guscio, ina in talesalamoja che le conservava come fresche, e che il nostro autore non dice, perchè forse a luì sconosciuta.
      (3) Da quale pianta provenisse il vero Laser (che così l'appelleremo sempre), non solo fu soggetto di disputazione fra i vecchi, ma fino a' giorni nostri. La maggior parte ritenne che sia da riportarsi alla assa fetida -, altri, ed i moderni in ispezieltà, noi credono, ed io sono con questi ultimi ; imperciocché non posso supporre che i delicatissimi Romani usassero di questa sostanza nelle loro cucine \ anzi credo che sia stato un errore di coloro che l'hanno snpposto. I primi furono tratti in inganno da Plinio, come ciascuno sa^ compilatore poco felice delle notizie trovate negli scrittori che 1' hanno preceduto e specialmente nei Greci, dei quali nemmeno bene intendeva la lingua. Egli nel libro xxx, cap. xv, scrive ... clarissimum Laserpitium, quod Graeci SUphion vocant, in Cirenaica provincia repertum% cujus succum vocant Laser: n^agnUL.OOQ Le


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Delle vivande e condimenti
Dell'arte della cucina
di Celio Apicio
Stab. Naz. G. Antonelli
1852 pagine 238

   

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