Delle vivande e condimenti di Celio Apicio

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      A PICI 1 C0EL11 LIB. VI.
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      CAPUT II.
      In G R U E BT ARATE.
      Graem vel anateni lava», ornai, et includi* in olla ; adjicies aquam, salem, anethum ; dimidia eoe tura decoques, dum obduretur ; levas, et ite-rum in cacabum mittis cum oleo et liquamine, cnm fasciculo origani et coriandri; prope coctu-ram defrutum modice mittis, ut coloret. Teres piper, ligusticum, cuminum, coriandrum, laseri» radicem, rutam, caraenum, mei ; sufl'undis jus de suo' sibi ; aceto temperas ; in cacabum reexinanies, ut calefiat; amylo obligabis; imponis in lancem, et jus perfundis.
      In grue, in anate, vel in pullo — Pipcr, ce-pam siccam, ligusticum, cuminnm, apii sernen, pruna vel damascena enucleata, mustum, acetnm, liquamen, defrutum, oleum ; et coques. Gruem cum coquis, caput eius aquam non contingat, sed sit foris ab aqna. Cum cocta fuerit, sabano calido involves gruem, et caput ejus trahe : cum nervis sequetur, ut pulpae vel ossa remaneant ; cum nervis enim mandocari non potest.
      Aliter, gruem vel anatem ex rapis — Lavas, ornas, et in olla elixabis cnm aqua, sale et anetho, dimidia coctnra. fiapas coque. Ct explumari pos-sit, levabis de olla, et iterum lavabis, et in caca-bum mittis anatem cum oleo et liquamine et fasciculo porri et coriandri ; rapam lotam et minn-tatim concisam desuper mittis ; facies nt coqua-tur modica coclura ; mittis defrutum ut coloret. lus tale parabis. Piper, cuminum, coriandrum, laseris radicem ; sufTundis acetum et jus de suo
      (1) Ardea Grus Linn. A' nostri giorni la gru non comparisce più su le mense : ma all' età del Boccaccio era ancora in onore, come ci mostra la novella di Chichibio. Sotto Augusto alle gru si preferivano le cicogne; ma poi le cicogne si abbandonarono, e le gru furono ricercate come uccello de' più squisiti (Plin. N. H. X, 3o ; Hor. II Sat. a, 49).
      (a) Anax Boscas Linn.
      (3) Altri codici hanno levas, altri lavas ; ondeché P Humelbergio pensò d' introdurli ambedue.
      (4) Qui il vel sovrabbonda, perché le altre volte troviamo in Apicio pruna damascena enucleata, o semplicemente damascena. Pruna, dice Palladio XII, 7, siccantur in sole per crates loco sicciore disposati : hacc sunt quae damascena dicuntur. Questo nome trassero dalla città di Damasco, donde fu portata la pianu (Ind. XVII Orig. 7, io-, Plin. Ut. H. XV, 1%).
      (5) È vero che Catone (R. R. tao) insegna a conservare il mosto per tutto l'anno; ma non di meno sembra qui strano, perchè affatto insolito in Apicio,
      CAPO II.
      CoHDITURA DELLA GRU (l) E DELL' ANITRA (2).
      Lava ed acconcia la gru o l'anitra, e mettila in olla chiusa, con acqua, sale ed anici. Bislessala, finché s'induri ; poi levala (3), e rimettila in pignatta con olio, savore, e un mazzetto di maggiorana e coriandro ; e quando è quasi cotta, versavi un po' di sapa per dar colore. Trita pepe, ligustico, cornino, coriandro, radice di laser, ruta, sapa, e mele; bagna col sugo della pignatta; sciogli in aceto ; metti in pignatte a scaldare, e addensa con amido. Poi colloca in piatto la gru od anitra, e versale sopra la salsa.
      Per gru, anitre e polli — Cuocili con pepe, cipolla secca, ligustico, cornino, semi di sedano, prugne damaschine (4) cui sia tratto l'osso, mosto (5), aceto, savore, sapa ed olio. Nel cuocer la gru, guarda che la testa non tocchi l'acqua, ma ne resti fuori (6). Quando è cotta, involgi la gru in un tovagliuolo caldo, e strappane la testa che si tirerà dietro anche i nervi, lasciando la carne e le ossa : coi nervi non si può mangiare.
      In altro modo, gru od anitre con rape — Lava, acconcia, e lessa in olla con acqua, sale ed anici, a mezza cottura (9). Cuoci delle rape. Leva T anitra dall' olla per poterla pelare (8) ; lavala di nuovo, e mettila in pignatta con olio, savore, e nn mazzetto di porri e coriandro ; gettale sopra rape lavate e tagliuzzate ; conducila quasi ad intera coltura ; poi versavi sapa, perchè dia colore. Le appresterai la seguente salsa. Trita pepe, cornino, coriandro, radice di laser ; bagna con aceto e conil veder prescritto per condimento il mosto. Io per me credo che debba leggersi pruna mustea, vel damascena enucleata, cioè susine fresche o secche, cavato V osso\ e che il copista, confondendo mustea con mustum, abbia creduto quella parola fuori di luogo. Avevamo già notato che il vel sovrabbonda, «e non vi si unisca qualche altra cosa.
      (6) La ragione, p*r cui è ordinato che la testa no* tocchi l'acqua, si fa palese per ciò che segue; altrimenti non avrebbe potere di tirar seco i nervi.
      (7) Ciò deve intendersi della gru od anitra, come apparisce dal nnm. 1 di questo capo.
      (8) La lezione data dall' Humelbergio e seguita, senza alcnna osservazione, dal Lister, è questa: Rapa* quoque ut expromari possint levabis de olla etc né so vedere qual senso ne cavassero. Il lessar prima con le piume è prescritto anche delle pernici al c. 3 ; e generalmente d' ogni uccellame al c. 7, n. ». Che w e.rplumare è vocabolo nuovo, è almeno ragionevolissimo -, mentre expromare non solo è nuovo, ma e anche privo d'ogni probabilità.
      L.00Q Le


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Delle vivande e condimenti
Dell'arte della cucina
di Celio Apicio
Stab. Naz. G. Antonelli
1852 pagine 238

   

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