Delle vivande e condimenti di Celio Apicio
qui polytelés appeltaturCAPUT va.
VsimiCOLI.
Ventrem porcinum—• Bene exinaniei; aceto et sale, postea aqua lavas, et sic hac impensa inopie*. Pulpam porcinam tunsam, tritamela ut enervata commisceas cerebella tria, et ova cruda ; cui nucleos infundis, et piper integrum mittis, et hoc jure temperas.. Teres piper, ligusticum, silphium, anisuro, zingiber, rutae modicum, liquamen optimum, et olei modicum. Reples aqualiculum sic ut laxamentura habeat, ne dissiliat in coctura. Sur-clas, amylas, et in ollam bullientem suhmittis; levas, et pungis acu ne crepet. Cdm ad dimidias coctus fuerit, levas, et ad fumum suspendis ut coloretur, et denuo eum perelixabis, ut coqui possit deinde liqnamine, mero, oleo modico ; et cultello aperies, et Cum liquamine et ligustico apponis.
Venfrem ut tostum facias, in canta fero involte, postea in muriam mittis, et aie coques.
CAPO VII.
Vbnthbsca.
Ventresca di porco >— Votala bene; lavala con aceto e sale, poi con acqua, e riempila col seguente miscuglio. Fa un intriso di polpa di porco battuta, mescolandole tre cervella ed uova crude, seminandovi pinocchi e pepe intero, e temperando con un tritume di pepe, ligustico, silfio, anice (i), zenzero, poca ruta, savore del più fino (2), e un po' d'olio. Con questo intriso riempi la ventresca, non troppo tesa, perchè nel cuocere non iscoppi. Chiudi con islecchi, luta con amido, immergi in olla bollente ; poi leva, e pungi con uno spillo, perchè non crepi. Quando è mezzo cotta, togli e sospendi al fumo, sicché prenda colore ; poi compi la lessatura (3), per poterla poi cuocere con savore, vino, e poco olio. Colta che sia, aprila con un coltello, ed apprestala con savore e ligustico.
Per fare la ventresca arrosto, involgila in crusca, poi mettila nella salamoia, e così cuccila.
(1) Pimpinella anisum Lino, (a) Anche da questo luogo apparisce che t'erano più qualità di liquame, lasciando pure da banda il senso generale di questo vocabolo. « C' è un liquore molto squisito, dice Plinio N. H. XXXI, 43, che si chiama gmro, il quale ài fa dègl' interiori di pesce e dell' altre cose che •' atrebbono a gettar tia, macerate col sale ; e però si può dire che sia in sanie di quelle cose putrefatte. Questo licore si faceta già di quel pesce che i Greci chiamarono garo .... Ora si fa legatissimo del pesce sgombro nelle pesche di Cartagine di Spagna: chiamasi de'sodi, e tale da cinquecento sesterni il congio; nè alcnn altro licore, salvo gli unguenti, salì in maggior presso anche presso i popoli più chiari. Figliansi eziandio gli sgombri in Mauritania e in Carteia nella Betica, all' uscir che fanno dall'Oceano, nè servono ad altro che a formarne garo. Se ne loda anche Clazomcnc e Pompei e Lepti ; come per la maria Antipoli e furio ed anche la Dalmana Si giunse anche a ridurre il faro del colore del tin melato vecchio, e d' una «oavità così temperata, che si può bere. Ce n'è un'altra specie, la quale s'usa nei superstiziosi riti di Cerere casta, ti nei sacrifici! de' Giudei \ e questa si fa di pesci che non abbiano scaglie. »» Lo stesso nome dì liquame, ed anehe di garo, troviamo alcune, volte allargato eziandio alla muria, o liquore che si traeva dal tonno nella stessaguisa che il garo propriamente detto si traea dallo sgombro, e fin anche a quello che si cavava da pescia-telli d' ogni maniera. Un' elegante descrizione di tutte queste confezioni ci lasciò Manilio verso il fine del quinto libro : ma il monumento più preciso e pieno di quest'arte è nell'autore delle Geoponiche (1. XX. c. ult.J. « Il garo, die'egli, chiamato liculmen (storpiatura di liquamen), si fa Cosi. Si mettono in un vaso intestini di pesci, e si salano : aggiungonsi specialmente acciughe, trigliette, menole, lupi, insomma ogni pesce minuto, e tutti medesimamente si salano, e si lasciano infracidile al sole, spesso voltandoli. Quando sono ormai fracidi, sene cava il garo a questo modo. Sopra il vaso dei detti pesci si pone un corbello 1 on-go, e vi si fa entrare il garo, che così passato pel corbello diceai liculmen. La parte densa che resta nel vaso, forma la salamoia chiamata alee. » Aggiunge poi l'autore il modo tenuto da'Bitinii; la sostituzione da alcuni usata, del fuoco al sole ; l'uso di accogliere con gl'intestini anche il sangue del tonno per fare il garo da ciò detto aiflóriov ; ed altrettali particolarità, che basterebbero per guida a chi volesse rinovare quest' arte, siccome vantasi in un suo epigramma d'aver fatto Francesco Rabelais. Per testimonianza d«l Belloni ne continuava tuttavia, l'uso a Costantinopoli.
(3) A perelixabis 1* Humelbergio sostituì perla-xabis, che non sembrami punto migliore.
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