Delle vivande e condimenti di Celio Apicio

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      QUI POLYTELES APPELLATURPetaionem et musteos — Petasonem elixascum bilibre hordei et caricisxxv. Cura elixatus fuerit, decoriaa ; et arvillarn illius candenti batillo uria, et raelle contingis: quod melius, raisaura in fur-num melle obligas. Cum coloraverit, mittis in cacabum Tpassum, piper, fasciculura ruta e ; raerum temperas. Cum fuerit temperatum, dimidium in petasonem profundis, et aliam partem piperati buccellas musteorum factas perfundis. Cum sor-buerint, quod muster recusaverìnt petasoni re* fundis.
      Luridi coctura — Tectura aqua cum multo anetbo coques ; olei modicum distillabis, et modicum salis.
      caput x.
      iocirora sive pclm0nes.
      Iocinora haedina vel agnina sic coques. Aquam mulsara facies; et ova et partem lactis admisces eis, ut incisa jocinora sorbeant. Coques; et oeno-garo, pipere asperso, inferes.
      Aliter jocinora et in pulmonibus. Ex lacte lava* pulmones, et colas quod capere possunt; et infringis ova duo cruda; salis grana puuca, rnellisProsciutto con mostacciuoli — Lessa il prosciutto con due libbre d'òrzo e venticinque fichi secchi. Quand'è lessato, scotennalo (i), e con un mazzuolo rovente vanne crostando la superfìcie, ed ungila con mele; o, che sarà meglio, intriso di mele mettilo in forno. Com' abbia preso il colore (a), metti in una pentola passo, pepe e un mazzetto di ruta, e tempera con vino pretto. Quand'è incorporata, metà della salsa versa sul prosciutto, e con l'altra parte (3) bagna dei mostacciuoli fatti in bocconcini. Ove han finito di bere, ciò che sopravanza rifondilo sul prosciutto.
      Cottura del lardone — Cuocilo immerso nel-T acqua con molto aneto. Stillavi sopra poco olio, e sala moderatamente.
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      CAPO X.
      Fegati o polmoni.
      11 fegato di capretto o       Fegato o polmone in altro modo (5) — Lava i polmoni nel latte, ed instillavene quanto ne pos-son tenere. Schiacchiavi due uova crude; mettivipoiché nel c. ì del I. v, n. 3, »' introducono a far le veci di quelli che tono ivi deui orbiculi tractae ; e qui pure, nel primo luogo, sostituisconsi alle buccelle. Secondamente, dovendo per qualche parte contrapporsi a quelle due specie, e ciò non ostante sostenerne le veci \ ne segue che, siccome quelli erano biscottati e crostosi, e per inspessare s* usavano o macerati o franti, cosi questi in vece fossero teneri e spugnosi, atti sene1 altro od imbevere e disfarsi. E poiché questi si raccomandano come migliori, non è neppure fuor di ragione il credere che fossero cosa un po'ghiotta e condita con qualche spezie. Ora queste conchiusìoni, a cui conduce 1' esame dell' uso fatto da Apicio della voce mustei, son pur le medesime, a cui feriscono tutti gli altri indizii. Perocché, se guardisi l'etimologia, suona appunto freschi, teneri, mottuti ; se cer-cansi parole aiHni, s' offrono tosto i mustacei ( Cf. Fahae, fabaciae-, beta e, betacei ec.J descritti da Catone (B. B. lai), che sono una pasta condita, di cui sotto forma diminutiva s'è conservato il nome nei nostri mostacciuoli ; né vuoisi dimenticare le mùtile, fÀÓTTtXait de' Greci, petti di pane concavi ( cosi le definisce Giulio Polluce VI, 87 ) per assorbire brodi o salse. Se si considera finalmente il passo di Vurrotic riportato da Nouio, non ci mancheranno esem-
      pii per provare che fu costume il sospendere a' ram-piconi nelle dispense (carnaria), non solo carni, ma anche frutte e lecconcrie d'ogni maniera custodite in canestri ; e per altra parte dovrà sembrare troppo più naturale che i fanciulli inciampino per tener gli occhi levati a ciambelle e chicche, anziché a cacio o prosciutto.
      (1) Comunemente decarnas, et armillam etc. Ha, levata la carne, a che poi tante cure pel nudo osso? Armilla poi, che è quanto dire smaniglia, cerchietto, qual cosa potrebbe qui significare ? Con le mutazioni in vece da me introdotte tutto va co' suoi piedi \ poiché arvina, di cui arvilla od arbilla é un diminutivo già riferito da Festo, si definisce appunto da Svetonio (presso Servio VII Aen. 62,7 ) per quel grasso che è fra la cute e la carne.
      (a) Nel testo del Laucilotto coloraveris.
      (3) L'Humelburgio sostituì alia parte, e yoxfractas in luogo di factas. Né 1' una né l'altra mutazione mi par necessaria.
      (4) Comunemente et ova, partem lactis etc. Il Torino emendò et ova franges. Almeno l'aggiunta d' un et, o la trasposizione dell' et precedente par necessaria.
      (5) Le antiche stampe ed i codici: Aliter jecinom in pulmonibus. L'IIumelbergio omise jecinora.
      L.00Q Le


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Delle vivande e condimenti
Dell'arte della cucina
di Celio Apicio
Stab. Naz. G. Antonelli
1852 pagine 238

   

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