CANTO II
Sono a un dipresso le sei e mezzo di mattina; e i due poeti, per l'incertezza della via da prendere, s'intrattengono ancora lungo il mare, sebbene col desiderio essi siano già avanti nel cammino. Intanto, rutilante al par di Marte in sul mattino giù nel ponente, appare sulla marina il fulmineo scintillìo d'un lume; e Dante fa appena a tempo a volgersi per interrogare la sua guida, che già quel lume appare più lucente e mostra ai due lati e al di sotto un che di bianco. Virgilio, appena accortosi che si tratta di un angelo aligero, induce Dante a piegare le ginocchia e a giungere le mani in atto di preghiera, e richiama la sua attenzione a quelle ali che si muovono dritte verso il cielo.
L'angelo, avvicinandosi appare in un contorno sempre più chiaro, in una luce ormai insostenibile all'occhio mortale di Dante, e giunge a riva con una leggerissima navicella, nella quale siedono più di cento spiriti, cantando ad una voce il salmo « Nell'uscita d'Israele dall'Egitto ». L'angelo fa i! segno della croce, le anime si gettano sulla spiaggia, ed egli dilegua in un lampo.
Gli spiriti s arrestano muti, ammirati, inconsci del luogo, sotto i dardi cocenti del sole, e chiedono ai due poeti la via verso il monte. Virgilio risponde che anch'essi sono appena arrivati, sebbene per altra via aspra e forte, e che quindi sono nuovi del luogo. Le anime, accortesi che Dante è ancor vivo, si affisano a lui, smorte di meraviglia, quasi obliando il loro compito di purificazione. Dal gruppo, una si avanza per abbracciare affettuosamente Dante, il quale cerca di ricambiare l'abbraccio, ma senza riuscirvi perchè si tratta di ombre incorporee e inani.
Lo spirito invita Dante a fermarsi, e il poeta lo riconosce per il musico suo corregionale Casella, che gli attesta la persistenza del suo affetto, e gli chiede conto del suo viaggio.