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La Divina Commedia
Purgatorio
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, 1940, pagine 59

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Wm IL PURGATORIO
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   discesa avrebbe potuto evitare all'Italia gravi iatture; l'altro, che all'apparenza mostra di confortarlo, è Ottocaro di Boemia, assai più virtuoso ancora in fasce, che non suo figlio Venceslao nell'età matura. Seguono, stretti a consiglio e, l'uno e l'altro, in atteggiamento doloroso, Filippo III di Francia, morto vituperando colla fuga i figli della sua casa, ed Enrico di Navarra, padre l'uno e suocero l'altro di quel Filippo il Bello ch'è la rovina e il vituperio di Francia. Da un'altra parte, due altri personaggi s'accordano cantando l'inno alla Vergine. L'uno, dalle forti membra, è stato un re valente, Pietro III d'Aragona: ma pur troppo i suoi eredi, Giacomo e Federigo, non continuano le virtù paterne, conforme del resto a una legge quasi sempre osservata nella trasmissione, in quanto il Signore vuole che la virtù sia riconosciuta come una grazia che viene da lui solo. L'altro, dal maschio naso, è Carlo d'Angiò, i cui eredi pure molto degenerano. Più fortunata nella sua discendenza è l'anima di Arrigo il Semplice d'Inghilterra. Ultimo seduto a terra più in basso degli altri è Guglielmo di Monferrato, prima scintilla della guerra d'Alessandria, che « fa pianger Monferrato e Canavese ».
   CANTO Vili.
   È l'ora dell'Avemaria,
   ...l'ora che volge il disio Ai naviganti e intenerisce il core Lo dì che han detto a- dolci amici addio ;
   E che lo novo peregrin d'amore Punge, se ode squilla di lontano. Che paia il giorno pianger che si muore.