Wm IL PURGATORIO J
Dinanzi a questa appare una moltitudine, divisa in sette cori, scolpita con prodigiosa naturalezza; e innanzi procede l'umile salmista David, che danza, le vesti succinte, mentre la moglie Micol guarda disdegnosa da una finestra l'atto di soverchia umiltà. Dietro a questa figurazione, Dante ravvisa quella dell'imperatore Traiano e della vedovella che gli sta al freno in atteggiamento di pianto. Pare ch'ella preghi il sovrano di farle giustizia del figlio morto, e che voglia indurlo a non differire il suo atto, assolvendo subito il pietoso tributo, ad onta delle alte cure che lo incalzano in mezzo al suo seguito. E l'imperatore consente.
Mentre Dante si sofferma estasiato a mirare le svariate immagini d'umiltà, Virgilio lo richiama a vedere una lenta teoria di anime. Dante si volge subito alla voce del maestro, e sente il bisogno di confortare il lettore a non perdersi d'animo per la descrizione delle pene che qui soffrono i peccatori. Dapprima gli spiriti apparendo da lontano sembrano qualche cosa che non si può neanche definire, tanto grave è la condizione del tormento, che li incurva e li rannicchia verso terra. Sono i superbi che s'affannano e gemono sotto enormi pesi. 11 poeta trae occasione da questa vista pietosa per volgere un' apostrofe agli umani, che. obliosi della piccolezza dei loro destini, imbaldanziscono vanamente.
Quelle anime fanno pensare alle cariatidi. Diverso è il grado del loro rattrappimento; ma anche quelle che sembrano opporre maggior resistenza all'oppressione, paiono vinte da tormento sovrumano.
CANTO XI.
Gravate dai loro enormi pesi, le anime procedono lente, salmodiando la preghiera del Pater no-ster : « O Padre celeste, in eterno laudato, fa che