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La Divina Commedia
Purgatorio
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, 1940, pagine 59

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CANTO XVII.
   1 due poeti, usciti dalla nuvola di fumo che avvolge gli iracondi, rivedono, in penombra, il sole già presso al tramonto. All'immaginazione di Dan-e occorrono per particolare disposizione divina nuove visioni : esempi d'iracondia punita. Ecco che gli si rappresenta la crudeltà della mitica Procne trasformata in usignolo; e, subito dopo, il viso torvo e truce di Amano, crocifìsso, intorno a cui stanno Assuero con Ester sua sposa e 1' integro Mardocheo. Segue poi l'esempio dell'iraconda regina Amata, alla quale la figlia Lavinia rinfaccia la sterile inanità dell'ira disperata che l'ha tratta al suicidio.
   Dileguate le visioni per un bagliore che gli percuote il volto, il poeta si volge per orientarsi, e ode la voce dell'angelo. Egli cerca di guardarlo, ma resta abbacinato. L'angelo invita i due pellegrini a salire; e Virgilio, mettendo in evidenza la fine e alta carità della celeste creatura, esorta il suo alunno ad assecondare col passo l'invito, tanto più che presto si farà buio. Giunti al primo grado della scala. Dante si sente cancellare dal viso un altro P, mentre gli perviene all'orecchio il canto angelico del « Beati i mansueti ».
   Già gli ultimi raggi del sole non risplendono più che sulla vetta altissima, fermo sull'ultimo gradino della scala che mette al quarto girone. Dante attende se oda qualche cosa di nuovo; poi si rivolge al maestro per chiedergli quale peccato si sconti in quel girone. Virgilio gli risponde che lì stanno gli accidiosi; poi, per meglio soddisfare il suo alunno, gli espone in generale la dottrina dell'amore che ha ispirato l'ordinamento morale del Purgatorio. « Tanto il creatore quanto le créature sono soggetti alla legge d'amore. L'amore può essere naturale o d'animo. Il naturale non può peccare: