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dabile ogni amore per se stesso, ma solo a seconda dell'atto, a cui la materia d'amore s'informa ».
Da questa dottrina nasce in Dante un altro dubbio; poiché, se 1 oggetto reale estrinseco determina coi suoi impulsi il movimento dell'animo, pare soppresso l'arbitrio, e quindi il merito. Virgilio, facendo una riserva sull'aspetto teologico della questione, che sarà di spettanza di Beatrice, così risolve il dubbio del suo alunno: « L'anima ha in sè una virtù specifica, che si dimostra solo negli atti. Le prime nozioni, come i primi appetiti, sono istintivi; e quindi non sono materia di merito nè di demerito. Ma nell'animo è anche ingenita un'altra facoltà che misura le varie volontà coll'istinto e che vigila l'elezione e l'assenso. Questa facoltà è il libero arbitrio donde scaturisce indistruttibile la vita morale. Ricordati di questo se Beatrice te ne prende a parlare ».
La luna che sorge tardi, quasi a mezza notte, fa ormai parer più rade le stelle; e Dante, soddisfatto dalle spiegazioni del maestro, si lascia vincere alquanto dalla stanchezza e dal sonno. Senonchè la sonnolenza gli è tolta da una schiera che sta dietro ai due poeti e tende a raggiungerli. Vengono a corsa gli spiriti degli accidiosi, gridando esempi di sollecitudine Due anime precedono la schiera. La prima grida : « Maria corse con fretta alla montagna »; e la seconda : « Cesare con fulminea velocità punse Marsiglia e poi corse in Ispagna. » Seguono reciproci incoramenti a correre, e a non perdere ora un tempo prezioso per tepidezza di amore. Virgilio chiede a quelle ombre da che parte sia vicino il valico per salire al quinto girone; e una di esse invita i due poeti a seguirle, se vogliono trovare la fenditura, poiché non possono fermarsi. L'ombra si dà a conoscere per l'abate del monastero di San Zeno di Verona sotto l'impero del Barba-rossa, e predice che presto un tale piangerà nell'Inferno a proposito di quel monastero, per avervi