CANTO XX.
Dante s'allontana a malincuore dall'ombra de! pontefice di Lavagna, e si muove dietro al suo duce lungo la parete del monte, volgendo in mente un'aspra invettiva contro l'antica lupa, simbolo dell'avarizia, che tanta strage fa dei cuori umani. Intanto gli giunge all'orecchio il grido di esempì di amore della povertà premiato. Una voce affannosamente lamentosa che sembra venire da un solo spirito, grida l'esempio di Maria, tanto povera che partorì in una stalla; quello di Fabrizio che preferì una povertà onorata a una dovizia turpe; quello di San Nicolò di Mira che salvò tre giovani dal disonore, dotandole con larghezza.
Avvicinatosi all'ombra, da cui la voce era partita, Dante le chiede chi essa sia, e perchè essa sola ripeta ad alta voce le laudi; in compenso le promette di rinfrescarle la fama nel mondo. E l'anima lo soddisfa non tanto in forza di questa promessa., quanto in virtù della divina grazia che inspira il mistico pellegrinaggio. « lo fui capostipite — dice lo spirito — della mala pianta che fa ombra malefica a tutta la terra cristiana, meritandosi gravi odiosità. Nel mondo fui chiamato Ugo Ca-peto, ed ebbi a padre un beccaio parigino. Estinta la dinastia dei Carolingi, fu promosso al regno mio figlio, dal quale incominciò la nuova serie di sovrani. 1 miei discendenti non si segnalarono nè in bene nè in male fino a che il possesso della Provenza non fece loro perdere ogni rossore di mal fare e non li rese audaci e sfrontati. Qui cominciarono le rapine violente e fraudolente; e in penitenza del male presero il Ponthieu, la Normandia e la Guascogna. Carlo d'Angiò venne in Italia; e. sempre per ammenda dei peccati della famiglia, tolse di mezzo Corradino e san Tommaso. Presto un altro Carlo, il Valese, uscirà di Francia senza