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La Divina Commedia
Purgatorio
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, 1940, pagine 59

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Wm IL PURGATORIO J
   Iosa a Roma per la dolcezza del suo canto, ai tempi di Tito, e incoronato di mirto per poetica gloria. Egli ha cantato di 1 ebe e del grande Achille, lasciando incompiuto per la morte il secondo poema. Sua fonte perenne fu l'Eneide, senza la scorta della quale egli non tradusse in atto cosa alcuna. E per essere vissuto ai tempi di Virgilio sarebbe contento di stare un anno di più nell'esilio del Purgatorio.
   A queste ultime parole di Stazio, il maestro, con atto del volto, fa cenno all'alunno di tacere; ma questi non può reprimere un sorriso. Stazio se ne avvede e gliene chiede la ragione. Dante fra due cure opposte, si trova imbarazzato. Ma Virgilio lo incuora a parlare e a non celar più oltre la verità. E allora Dante rivela a Stazio che l'autore dell'Eneide è lì presente nella persona del maestro venerato. Stazio già si china per abbracciare i piedi del cantore di Enea; ma questi ne lo trattiene, ricordandogli che tanto l'uno quanto l'altro sono ormai ombre vane. E Stazio attesta che il suo amore e la sua riverenza sono così intensi da fargli trattare le ombre come cosa salda.
   CANTO XXI1.
   I poeti hanno già superato il passo del perdono e già l'angelo ha cancellato dalla fronte di Dante il quinto P, e ha cantato il « Beati coloro che hanno desiderio di giustizia ». Dante, sempre più leggero, tien dietro ai due compagni veloci. Virgilio, rivolto a Stazio, gli attesta tutto l'amore ch'egli ha provato per lui, fin da quando Giovenale, disceso al Limbo, gli ha manifestato il culto che Stazio aveva per il cantore d Enea; e in grazia di questo mutuo e profondo affetto, lo prega di dirgli come mai l'avarizia abbia potuto allignare in un'anima come la sua. Stazio, sorridendo, risponde ch'egli