Wm IL PURGATORIO J
Mentre i due vati latini così discorrono fra loro, Dante li ascolta. Sono circa le undici antimeridiane, i tre pellegrini si trovano nel sesto girone, e, secondo la norma, girano a destra. Ed ecco che appare un albero carico di frutti olezzanti, coi rami più sottili verso il tronco e più grossi verso la cima. A sinistra, cade dall'alta roccia una limpida acqua, che si spande su per le foglie. Mentre Virgilio e Stazio vi si avvicinano, una voce entro le fronde grida: «Avrete penuria di questo cibo». Poi la voce continua, esponendo esempì di temperanza : Maria che alle nozze di Cana pensava -al decoro della mensa più che alla sua bocca; le Romane antiche, le quali si contentarono di bere acqua: Daniele che spregiò cibo e acquistò sapienza; l'età dell'oro che fece saporite le ghiande e nettare i ruscelli; il Battista che si nutrì di miele e di locuste nel deserto.
CANTO XXIII.
Mentre Dante ha ancora lo sguardo intento al mistico albero, Virgilio lo incuora ad affrettare il passo; ed ecco ombre di peccatori che cantano piangendo il salmo «Le mie labbra, o Signore». È tutta una turba che viene e trapassa, tacita e devota, cogli occhi infossati e senza luce, colla faccia pallida e scarnita fino alla deformazione. Si struggono e si estenuano per l'odore d'un frutto, per la bramosia di un'acqua. Dante guarda compreso di pietà e di meraviglia, allorché una di quelle anime, volgendo a lui gli occhi dal profondo della testa, lo raffigura e lo saluta gioiosamente. Soltanto dalla voce, i! poeta riconosce lo spirito deformato dalla scabbia e dalla magrezza. È l'anima di Forese, che invita Dante a render conto di sè e delle sue due guide. Ma il poeta, dopo aver attestato il suo do-