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IL PURGATORIO J
lore per lo stato in cui rivede l'amico, vuole prima di tutto sapere il motivo di quel terribile dimagramento di lui e dei suoi compagni di pena. Forese risponde che per divino volere è infusa nell'acqua e nell'albero la virtù distruttrice. A tutte le ombre dei golosi, che qui purgano la loro colpa, accende desiderio di bere e di mangiare, l'odore che spira dai pomi e dalla fresca vena. Esse girano sempre senza tregua, e ogni volta che giungono all'albero, si rinnova il supplizio. Ma questo supplizio si risolve in sollievo, perchè la volontà dei peccatori prova soddisfazione nel conformarsi alla volontà suprema della giustizia divina.
Dante si meraviglia che forese, che indugiò a pentirsi all'estremo della vita, non sia nell'Antipurgatorio; e l'amico gli risponde che ne lo ha liberato, coi pianti, coi sospiri e coi suffragi la vedova sua, la sua Nella, che gli ha anche risparmiato, colle sue preci, gli altri gironi. E di qui trae occasione per ricordare con accorata tenerezza la Nella tanto più cara a Dio nel buon costume, quanto più sola essa è nel praticare la virtù in mezzo alla corruttela; poiché l'impudicizia delle donne fiorentine è tale da disgradare quella dalle abitatrici della Barbagia di Sardegna. E verrà giorno in cui bisognerà ricorrere alle prediche, ai decreti vescovili o alle pene canoniche per far cessare l'usanza scandalosa di andar attorno col seno scoperto, peggio che se si trattasse delle donne dei barbari o dei lussuriosi Saraceni. Ma assai presto pagheranno il fio della loro scostumatezza.
Dante, invitato nuovamente à dar più ampio conto della sua condizione e del suo viaggio, che fa meravigliare tutte quelle anime, sorvola sul ricordo dei tristi tempi, in cui era legato d'amicizia a Forese; e passa subito a dar notizie del suo duce, del mistico pellegrinaggio compiuto e della parte di