Wm IL PURGATORIO J
re, e il modo di poetare seguito da lui, da Guit-tone d'Arezzo e dal Notaro; poi, soddisfatto, tace.
Mentre la schiera dei golosi passa oltre leggera e veloce, Forese se ne viene dietro all'amico, e gli chiede quando potrà rivederlo. « Non so — risponde Dante, — ma desidererei di essere al più presto in questa riva, poiché Firenze va sempre più degenerando verso la rovina ». Forese lo conforta annunciandogli ch'egli già vede trascinato a coda d'una bestia verso l'Inferno il corpo di colui che dei mali della patria è il più funesto autore; poi, per non perdere soverchio tempo, si affretta a raggiungere la turba. Allorché Dante, rimasto solo colle sue due scorte, non può più vedere se non confusamente l'ombra dell'amico, ecco che allo svolto della curva gli appaiono i rami gravidi e vivaci d'un altro albero fruttifero. Sotto di esso, molte anime alzano le mani e gridano come fan-ciullini che vanamente si protendano verso cose mostrate e non concesse, e poi si allontanano. Tra le fronde i tre pellegrini odono una voce che li esorta a passare senza accostarsi, ricordando che l'albero è un pollone di quell'altro pomo che sorge in cima al monte e di cui Eva morse il frutto. La voce poi continua gridando esempì di golosità punita: i Centauri che, inebbriati alle nozze di Pi-ritoo e di Ippodamia, pugnarono con Teseo; gli Ebrei, che, per essersi inginocchiati a bere, furono respinti da Gedeone che non li volle a compagni nell'impresa dei Madianiti. 1 tre poeti passano oltre silenziosi e cogitabondi. Arrivati al varco, un angelo rutilante li scuote dai loro pensieri e li invita a salire, volgendo a sinistra. Egli cancella un altro P dalla fronte di Dante; e questi sente dire : « Beati quelli cui la Grazia tanto illumina, che l'amore del mangiare e del bere non suscita nei loro cuori troppo desiderio, sì che non han fame se non del giusto ».