Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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D — DABOLL (FARO ACUSTICO DI)
D. S. F. C : de suo faciendum curnvit.
D. S. I. P. C : de sua inip*nsa ponendum curavit.
D. S. M. I : de suo monumentimi institnit.
D. S. P. V. J. S. L. M : de sua pecunia votumjure solvit libens merito.
D. T : dedit titulum, dedii tumuìum.
DT : drvotus.
D. T. S. P : dedit tumuìum suniptu proprio, diem iertium sire perendinum.
D. V : dedit vivens. devota virgo, devotus vir. dies qtiintus. dis volentibiis. DUC. DUC : duce ducenario.
DUL. C : dulcisshna conjux. DUPL. TUR : duplicarius turnice.
D. U. S : dis universis sacrum. DUUMV : duumviratus.
D (chini, e farvi.). — Secondo il linguaggio convenzionale (lei chimici più antichi, il D indicava il solfato di ferro, ed i farmacisti lo scrivevano una volta alla fine della ricetta, coll'aggiunta di S, per cui si aveva D.S. ed esprimeva detur et sìgnetur (si dia e si noti', u andò anche D.D. per .'•igni fica re detur ad (si dia a piacere, in un modo o nell'altro), e D.D. vitr. per detur ad vitrum (si dia in un bicchiere).
D (cron.). — Viene inserita nei calendarii come una delle così dette lettere domenicali, ed è propriamente la quarta, sendo tale il po< to che occupa negli alfabeti occidentali. Significava nei calendarii del rito più antico mercoledì come quarto giorno della settimana, ma ora fa il suo turno al pari delle altre sei, e indica la domenica in tutti quegli anni in cui la prima domenica cade nel dì 4 gennajo. Appo i pagani era la quarta delle otto lettere nun-dinali, dette così perchè il giorno seguente all'ottava si facevano le nundine, ossia ti teneva pubblico mercato, a cui accorrevano i campagnuoli per capere tutto ciò che pubblicatasi intorno alla di ci-plina, alla religione, al governo.
D {log.). — Una delle quattro iniziali dei nomi che i filosofi scolastici nell'arzigogolo co loro linguaggio imposto avevano ai modi di conclusione, ed indicava che ogni conclusione della seconda figura, il cui nome comincia con D, per esempio, Daraptif Dimatisy era stata ridotta alia conclusione della prima figura incipiente da D, ossia alla formola Darti.
D (matem.). — US come lettera numerale appo i Greci aveva doppio valore, indicando primieramente 4, giusta il posto occupato nell'alfabeto, e poscia anche una decina, perchè iniziale della voce deca (Séxa) dieci; se poi gli si sottoponeva una lineetta, non indicava già quattro semplici unità, ma bensì quattro migliaja; dunque^— 4000. Nei numeri così detti romani il D indica 500, ma questo valore non lo aveva già appo gli antichi, e cominciò a possederlo soltanto dal 1500 in poi. Giovi avvertire che, essendo »w la prima lettera della parola mille, i Romani indicavano appunto con M la cifra 1000, ma invece di scrivere il consueto M, ubavano volentieri nelle iscrizioni CIO per indicare lo stesso numero; quindi avvenne che i tipografi di Olanda dei secoli xvi e xvn, ed anche quelli di altri paesi, adottarono il secondo segno invece del primo per esprimere mille, ed anche og-
gidì più fiate lo adottano. Nacque allora ben tosto il pensiero di valersi della metà ID per indicare 500, che fu poi semplificato facilmente nella lettera D congiungendo la curva alla perpendicolare, ed esprimendone l'effetto col seguente verso latino :
Littera D velut A quingentos significala (la lettera D come A significherà 500).
Per esprimere 5000 ba^ta sovrapporre una stri-scietta al D, e quindi D = 5000. Prima del sistema decimale il d indicava danaro secondo il vecchio sistema di conti.
D ()««s.). — I Tedeschi e gl'Inglesi indicano con D la nota del secondo grado, o^sia la quarta nota dell'antica solfa diatonica, ossia la seconda della solfa di Ouittone d'Arezzo, giunta la cui nomenclatura gl'Italiani chiamano tuttodì questa nota D la sol re, mentre i Francesi la dicono semplicemente re. Ne nasce quindi che costoro, volendo indicare il modo di un tono, aggiungono solamente le voci maggiore o minore alla nota tonica, per esempio, ut maggiore, ut minore; re maggiore, re minore, e gl'Italiani invece devono adoperare espressioni più lunghe, per esempio, C sol fa ut terga maggiore; Csol fa ut terza minore; D la sol re terza maggiore ; D la sol re terza minore.
D (numism.). — Nelle antiche medaglie, D è l'iniziale di Bacia, Damascusy Dtlus, ed altre città e contrade, ed anche di Decurio, Dedit, Decimus, Designaiusf Dieta/or, ecc., e di parecchi nomi proprii; e nelle medaglie e monete moderne, inciso nel rovescio, indica per la Francia la zecca di Lione, per la Prussia nelle meno recenti quella di Aurieh, e nelle più recenti quella di Dusseldorf, e per l'Austria la zecca di Gratz.
DABISTAN (bibl.). — Opera del dotto maomettano Mohsan Fani (nativo di Ca>cernir nel secolo xvn), tratta di dodici diverse religioni dell'Oriente, ed incomincia con quella di Huschang, la quale vuoisi fiorisse nelle contrade al nord delle sorgenti del Gange lungo tempo prima di quella di Zoroa^tro. Il primo capitolo del Dabi stati fu tradotto in inglese da Gladwins nelle New Asiatic Miscellanies (Calcutta 1789) e in tedesco dal barone di Dalberg (Bamb. 18mDABOLL (faro acustico di) ftnecc. tecn.). — Erasi da molto tempo provato che una lanterna, per quanto potente, non riesciva allo scopo di additare la via od il pericolo ai naviganti nei tempi di densa nebbia o di tempesta, e precisamente quando ne sarebbe maggiore il bisogno. Si tentarono altre vie, e si ricorse più volte al suono di una campana; il quale però è troppo vago e troppo incerto ad essere distinto, massime quando al rumor del vento, che fischia tra le corde dei battelli, si aggiunge il muggito del mare in burrasca ed il rumoreggiar del tuono. E se durante la calma è facile avvertire l'intensità del suono, spesse volte avviene di non poter fissare o di sbagliarne affatto la direzione.
J1 fischio del vapore che u^asi come segnale d'avviso ovunque si abbia un generatore di vapore, servirebbe assai bene anche per i fari, se all'inconveniente (l'esigere un macchinista
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