Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DACIA
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gl'ini pedi peraltro di passare il fiume col favor della notte, sconfiggendo quell'esercito dei Geti ed impadronendosi della costoro città (Arrian., Anabi, 2; Strab., p. 301). Lisimaco, nel 292 av. Cr., tentò una guerra aggressiva contro i Geti, e si spiire fino nel centro del paese; ma gli fu tagliata la ritirata nelle pianure della Bessarabia twv lYrfiiv icvjuta. Strab., p. 305), ed ei dovette arrendersi con tutte le sue truppe; fu posto però in libertà; ed il re indigeno Dromichete gli fu tanto largo di generosità, che tutti i raccoglitori di aneddoti ne fecero conno (Strab., p. 302; Plut., Demetr., 30, 52; Polvfen., vii, 5; Paus., i, 9, § 5). È probabile che il principe getico sitisi allora arricchito o col saccheggio del campo, o col prezzo del riscatto dei prigionieri, perchè due volte, l'una nel 1545 e l'altra circa trent'anni fa, si rinvennero presso Torda ( Thorda, Thurda, Thoremborgo o Thorenburg, borgo di Transilvania) parecchie migliaja di monete d'oro, alcune col nome di Lisimaco, ed altre coll'epigrafe KOIAN (Paget, Hungary and Transylvania, voi. li, p. 105).
IL Resistenza gagliarda ai conquistatori. — Allorché i Galli posero stanza, nel 300 av. C'., nel-l'Europa orientale, i Geti si trovarono involti in guerra con cotali novelli invasori fJust., xxvi, § 3), fiirono da questi sconfitti e venduti in grande quantità come schiavi agli Ateniesi, i quali traevano prima codesta merce dalla Frigia e dalla Caria, giuntala testimonianza di Aristofane e degli antichi commediografi. Da quest'epoca in poi i nomi dunque di Davo (Davus per Dacus, per la facile sostituzione del r al ce viceversa^ e di Meta compariscono come nomi di schiavi negli scrittori della nuova commedia greca, e nel costoro romano imitatore Terenzio (Strab., p. 304: Mém. delAcud des Itiscr., vol.xxv, pag. 34;Niebuhr, Kleinc Schrifteiì.y. 352-98 ; Seha-farik. Slav. Alt., voi. r, p. 469). Non si sa nò quando né perchè abbiano cangiato i Geti il loro nome in quello di Daci, considerandosi entrambi dagli antichi come un solo e medesimo i>opolo (Plin., iv, 12; Paus-., i, '2, § 4; Dion. Cass., u, 67 ; Appian., Prcef., c. 4: Ju'tin., xxxir, 3, § 16>, sebbene Strabone distingua gli uni dagli altri, aderendo che i (Jeti occupavano il paese verso il Ponto e all'È., mentre i Daci si estendevano verso la Germania e le sorgenti dell'Istro. Curione, il primo dei generali romaniche siasi inoltrato in queste regioni, al settentrione, fino al Danubio, non si arrischiò di fare irruzione nella Dacia (Fior, in, 4, § 6), la quale doveva essere invasa però da Giulio Cesare, secondo i piani di guerra e di conquista che varii scrittori si piacquero attribuirgli (Svet., Jul., 44). Il principe indigeno Bere-bista (Barebistas), contemporaneo di Augusto ed uomo di grande abilità, osò traversare l'Istro, e saccheggiando la Tracia ed esterminando le popolazioni de' Boj e de' Taurisci, estese tanto la potenza dei Geti,da far paura agli stessi Romani (Strab., p. 29^, 303). Nel 10 av. C. Augusto spedì Lentulo contro il loro re Cotiso, e sembra che i Romani abbiano compiuta in quell'occasione la marcia su per la valle odierna di Maros, ma senza alcun frutto (Fior., n-, 12, § 19; Strab., p. 304; Dion. Cass., 1, 36; Hor., Carni., ni, 8,18; Svet., Oct.). Ovidio, irritato e ; tauro del suo esiglio nel Ponto Eusino, scriveva quinci aisuoi amici a Roma, dipingendo coi più tetri colori quelle genti, e ripetendo incollerito che tutto era pieno di barbarie intorno a lui, e che giungeva a lacerargli l'orecchio il suono ferino delle getichevoci. Ciò non ostante, si diè ad imparare l'aspra favella di que'barbari, e gli riuscì di esprimersi ben presto e in prosa e in poeiia con parole e frasi getiche e sarmatiche, a segno di comporre un inno trionfale ad Augusto colle parole dei suoi barbari vicini ( Trist, v, 12,58; ex Pont., nr, 24; iv, 13, 23). Gli unici avanzi che ancor ci rimangono di cotesta antica lingua stanno nei nomi personali e locali, ed in alcuni vocaboli > parsi negli autori greci e
romani, o conservatici dai lessicografi, per es. Esichioe Su
ida. Il celebre Adelung raccolse nel suo Mitridate (voi. u, p. 344) molte di tali voci e terminazioni, per es., le desinenze locali in dava, che incontransi sovente nei nomi delle daciche città.
III. Guerre,rivolte e sommessione a Roma. — Da questo periodo in poi i Daci furono involti in guerre frequenti coi Romani, Fenzachèla foituna inclinasse per l'una parte o per l'altra, fino a tanto che sotto il loro re Decebalo trionfarono siffattamente della debolezza di Domiziano, imperatore dall'81 al 96 dopo C., da indurlo a giurare con essi la pace alle condizioni più umilianti,e fra le altre al pagamento di annuo tributo. Tanta vergogna non doveva pesare a lungo sugli orgogliosi dominatori del mondo; ed in vero Trajano, f alito al soglio imperiale nel 93 dopo C.,si accinse subito a riparare all'onore contaminato dell'Impero, capitanando in persona una spedizione contro la Dacia. Nel 101 dopo C. parti dunque da Roma, e traversando la Pannonia e varcando la Theiss ^Tibisco) penetrò lungo la corrente del Maros in Transilvania, e nelle vicinanze di Torda (Thorda, Turda, Thoremburgo, Thorenburg) diede la sua prima famoa battaglia che fiaccò la pò?fa dei Da ci I contadini dell'odierna Moldo-Valacchia chiamano ancora il campo di quella ; confitta dei loro avi col nome di Prat dr Trojan (Pratum Trajani», notevole e.-empio, come tanti altri, della indelebile memoria popolare. Corto cara ai Romani que.-ta prima vittoria, ma fu loro sprone gagliardo per inseguire l'indomato Decebalo, il quale, ridotto alle strette, chiese ed ottenne la pace a duri patti, per es. di consegnare armi, macchine e tutti gli attrezzi da guerra, demolire le fortezze, ecc. (Y. Decebalo). Fremeva in suo cuore il valoroso Dace nello stipulare una pace cosi ignominiosa, e già si apprestava a romperla, ospitando disertori romani, procacciandoci armi a bizzeffe, c devastando le terre di tutti coloro che non volevano far causa comune con lui. Il Senato romano, imbeccato dall'imperatore, gli dichiarò nuova guerra, ed anche in questa Trajano, che intanto si soprannomava Dacico, voll'essere il duce supremo. Mosse quindi alla seconda campagna nel 104 dopo C., e conoscendo un po'meglio di prima la geografia dei paesi che doveva percorrere, studiò subito la via più breve e sicura per recarsi alla capitale del suo nemico. A tale uopo ei traversò il Danubio al di sotto della Porta di ferro, dove fece poscia costruire il famoso suo ponte, e dirigendo parte del suo esercito lunghesso l'Aiuta, egli battè il sentiero della valle che conduce ora da Orsova per la 31chudta e per Karansebes coprala Porto di
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