Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DAHRA 0 DAHARA — DAIKOKUmoderne ; ma in carte posteriori, come quella di Halley del 1700, non se ne fa punto menzione ; e veramente alcuni ragguagli di quei tempi rappresentano tutta quella parte dell'Africa come occupata da altri Stati. Bosman, che ha descritto minutamente quella parte della costa africana, da lui personalmente esaminata, in una serie di lettere scritte nel 1700 e nel 1701, non fa menzione di Dahomey. I Dahomani comparvero per la prima volta sulla costa in cui erano gli stabilimenti europei, sotto il regno del re loro Trudo Andati, o, come altri il chiamano, Guagia Trudo, che dicesi salito al trono nel 1708. Questo principe, che sembra essere stato uomo di non comune ingegno, come pure d'ambizione smodata e di ferocia guerresca, determinato di far sua ima parte del commercio europeo, penetrando di forza insino alla costa nel 1724, prese la città principale del regno d'Ardra, lo Stato più potente che giacesse tra lui e il mare. A questo re succedette il figliuolo Bossa Ahadì, tiranno abbominevole, che per ben quarant'anni fu flagello de' suoi sudditi e tormento de' suoi vicini, ed ebbe per successore, nel 1774, il figliuolo Adahunzu II, che continuò le oppressioni e le feroci guerre del padre. Ad Adahunzu succedeva, nel 1789, il figliuolo Whinujù. Nel 1803, secondo una relazione di J. M. Leod, il quale visitò quella parte d'Africa, pare che il Dahomey fosse ancora uno Stato potente, ed estendesse il suo dominio su tutta quella porzione della costa della Guinea. Il re allora regnante era uno dei figliuoli minori di Whinujù, il primogenito essendo stato scartato per avere un piede disforme. Nell'anno 1818 salì al trono il re Gezo, che governò per ben quarant'anni, e fu il famoso organizzatore dei reggimenti di donne od Amazzoni, e guerreggiò con l'Abeokuta. A lui succedette Gelelè, suo figlio, nel 1858, che estese il reame a spese dei vicini; ma nel 1864 fu sconfitto dal re di Abeokuta. Burton visitò quel paese nel 1863, e da quell'epoca gl'Inglesi non cessarono di occuparsene. Nel 1876 Gelelé trattò malamente un Inglese ; d'onde cominciò una serie di ostilità, che finirà probabilmente col ridurre quel paese nel dominio dell'Inghilterra. La regione in cui è situato il Dahomey è una vasta pianura che cominciando dal mare va insensibilmente ascendendo. Nessun fiume considerevole gittasi in mare tra il Volta e il Niger. Il suolo è di una pingue argilla rossiccia, in cui trovasi appena una pietra della grossezza di una noce. Quanti visitarono la costa, massime prima del guasto fattovi dai Dahomani, la dicono di bellezza e vegetazione impareggiabile. I suoi prodotti sono mais e altri grani, patate, pistacchi di terra, ananassi, poponi, melarance, limoni ed altri frutti tropici ; un frutto singolare che dicesi abbia la proprietà di comunicare un gusto dolce agli acidi ed agli amari più forti; indaco, cotone, zucchero, tabacco, olio di palmizio, drogherie, ecc. Il paese abbonda di tigri, leopardi, jene, elefanti, bufali, daini, pecore, capre, porci selvaggi e domestici, e pollame di più sorta. È pure infestato da pitoni d'immensa grossezza e da altri generi di serpenti.
      A malgrado del gran calore che vi regna, il clima è in generale salubre, e Yharmaitan, vento così formidabile, e gli uragani nella stagione delle pioggie, contribuiscono a purificarvi l'aria, cosicché moltemalattie proprie dei paesi circostanti, come sarebbe l'elefantiasi, vi sono sconosciute. Gli abitanti sono la più parte ben proporzionati e robusti di membra, dotati d'ingegno, buoni agricoltori ed amanti del quieto vivere. Il governo è dispotico in modo che il re dispone a suo beneplacito della vita dei sudditi e d'ogni loro sostanza. Le loro solennità sono sanguinarie come presso gli Ascianti, la legislazione penale barbara oltre ogni dire. Nel 1836 in occasione di una festa reale furono decapitati 600 individui per ornarne coi teschi il padiglione del monarca. La popolazione si calcola tra 150,000 e 180,000. La capitale dello Stato è Abomey, città di 20,000 abitanti ; le altre più notevoli sono Canamina, Gran Popoe e Widah.
      Vedi Forbes, Dahomey and the Dahomans (Londra 1851).
      DAHRA o DAHARA (geogr. e sior. mod.). — Distretto dell'Algeria occidentale fra le basse giogaje della catena dell'Atlante e il fiume Shellif, abitato dai Cabili Beni-Zentes, è una vasta pianura sparsa di mamelons o colline coniche isolate, fra le quali lussureggiano campi di grano, vigneti, orti e giardini. Due di queste collinette sono congiunte da una caverna larga circa 100 metri, denominata Kantera, in cui i Cabili trovarono spesso un ricovero contro i Turchi, e che divenne nel giugno del 1845 la scena d'un orribile eccidio per parte delle truppe francesi capitanate dal colonnello poi generale Pélissier. La Kantera ha da una parte due ingressi, uno sopra l'altro, e dall'altra poche anguste fenditure, n colonnello Pélissier schierò la sua colonna davanti l'ingresso, e, fatto raccogliere una grande quantità di fascine, le gittò accese nella caverna con animo di affogare col fumo le migliaja d'Arabi in essa rimpiattati. Ciò avvenne il 18 giugno. La mattina del 19 una deputazione d'Arabi sbucò dalla caverna per sentire le proposte del colonnello, il quale fece loro attraversare il campo per vedere la grande quantità di fascine accatastate per la loro distruzione. Le condizioni di Pélissier erano però sì severe, che gli Arabi non poterono accettarle, e tornarono nella caverna a morire con le mogli e coi figli. Il fuoco fu allora acceso, dalle 2 pomeridiane per tutta la notte, fra le grida strazianti che salivano dalla caverna, e cessato, il 20, ogni segno di vita, i Francesi entrarono, e trovarono un gran numero di cadaveri con la faccia stretta alle screpolature della parte opposta, nella vana speranza di una boccata d'aria. Circa settanta vittime boccheggianti tuttavia spirarono non sì tosto giunte all'aria aperta. Molti perirono schiacciati dai massi staccatisi pel calore. Più di 800 persone fra uomini, donne e fanciulli perirono in questo barbaro eccidio, e tutta la tribù dei Riahs fu esterminata.
      DAIB0TH (stor. relig.). — Dio giapponese con volto di donna, una corona sul capo coperto da neri capelli lanosi, grandi orecchi, petto femminile e grosse mani. La sua effigie senza piedi, dorata e circondata di raggi d'oro, scorgesi seduta sopra un altare nelle pagode e circondata da altri Dei armati.
      DAIKOKU {stor. relig.). — Così chiamasi al Giaj>-pone una delle quattro deità della riechezza, venerata specialmente dai mercanti. Col suo martello
     
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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