Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DAMMA RICO ACIDO - DAMOCLEOt
2° Processo della vernice all'essenza, per semplice soluzione. — Si prende la resina e, fattane la scelta e pulita come si è detto precedentemente, si pone in matraccio di vetro, e si aggiunge l'essenza di trementina; si chiude il matraccio con vescica, facendovi qualche foro con la punta di uno spillo, oppure si pone nella bocca del matraccio un turacciolo di sughero che porti un tubo di vetro affilato in punta ed avente un piccolissimo foro. Si tiene all'azione di un l^nto calore, fra i + 30 ai -f 50° centigradi, ovvero ai raggi solari, avendo cura di tempo in tempo d'imprimere al recipiente un movimento di rotazione in modo che quella parte di resina che si discioglie nel punto di contatto coll'essenza, possa" distribuirsi per tutta la massa ; e così si continua fino a soluzione compiuta.
Le proporzioni sono come per la precedente.
Detto dei due processi principali, aggiungeremo alcune ricette con ispeciali avvertenze, quali si trovano in varii autori.
Vernice di dammara, di Heller. — Si polverizzano 250 gr. di resina di dammara scelta : si fanno sciogliere versandovi sopra 500 gr. di essenza di trementina bollente: si agita continuamente e, dopo raffreddata, si feltra.
Vernice di dammara, di Miller. — Si polverizza la dammara pura e scelta: se ne prendono 250 gr. e si gettano in un pentolo di terra verniciato, e vi si versa sopra essenza di trementina (da 125 a 150 gr.) ; si mescola, e si mette a un calore piuttosto moderato. La massa si scioglie, e quando comincia a dar segni di bollitura si toglie dal fuoco e si aggiunge altra essenza di trementina (circa 125 a 150 gr.), mescolando di continuo. Dopo si rimette sul fuoco e si lascia fino a che tomi a dare indizii di bollitura; infine si filtra per pannolino. L'autore propone inoltre di aggiungervi da 1 ad 8 gr. di canfora.
Vernice di dammara all'etere. — Questa vernice ha la proprietà di essere più essiccativa delle precedenti. ma però è meno resistente.
Si procede nel modo seguente : si prende la resina e, fattane la scelta, si polverizza finamente ; si espone al sole per qualche tempo stesa in sottile strato, onde togliere le minime traecie d'umidità, oppure si pone in istufa a lento calore. Dopo si getta in matraccio, e vi si versa a poco a poco l'etere solforico, agitando. Si chiude il matraccio e si lascia in riposo per qualche giorno, poscia si decanta. Si noti che la soluzione si effettua tanto più sollecitamente, quanto maggiore è il tempo che la resina è stata esposta all'aria o al sole, dopo polverizzata.
Proporzioni delle due sostanze :
Resina dammara polverizzata . . . gr. 100
Etere solforico.........» 250
Vernice alla benzina. — Si polverizza la resina dammara colle cautele come per la vernice all'etere, e si pone in matraccio che contenga la benzina; si chiude e si dibatte. Un lievissimo inalzamento di temperatura facilita molto la soluzione.
Le migliori proporzioni sono:
Eesiua dammara........gr. 100
benzina...........» 200
Si noti che la benzina dev'essere ben priva d'umi-
dità, il che si ottiene tenendola in digestione precedentemente con un poco di cloruro di calcio fuso.
Noteremo infine due ricette in cui l'alcoole e l'olio di lino entrano in composizione per modificare la vernice: l'alcoole le comunica maggiore omogeneità e sottigliezza di strato; l'olio le comunica più consistenza e solidità.
1° Dammara polverizzata e secca. . gr. 100
Etere solforico........» 100
Alcool e assoluto od almeno a 98° centesimali........» 100
2° Vernice dammara ottenuta col primo processo qui descritto, ossia perfusione..........» 100
Olio di lino essiccativo.....» 4
In generale le vernici di dammara non sono resistenti agli agenti comuni, cioè all'acqua, al sole, ecc., per cui se ne riserva l'uso piuttosto per l'interno degli appaiamenti, e per lavori di carta o di legno, e non molto soggetti all'attrito.
DAMMARIC0 ACIDO (chim.). — Thomson avendo trattato coll'alcoole la dammara anatrale (V. Dammara), ne estrasse due resine, una acida che denominò acido dammarico, e l'altra neutra che disse dammnrana.
DAMMUDAH o DAMM0DAH ((jeoqr.). — Fiume dell'India, che ha la sorgente a Ramgurh, nella presidenza del Kengila, e la foce nell'Hugly.
DAMO (biogr.). — Figlia di Pitagora e Teano, men tovata da Jamblico ( Vita Pythag., c. 28), ma nota principalmente per un'epistola di Liside. pitagorico. > ad un Ippaso od Ipparco, citata da Diogene Laerzio (viii, 42). In questa lettera leggiamo qualmente Pitagora affidò i suoi scritti a Damo ingiungendole severamente di non consegnarli a nessuno. Questa ingiunzione di Pitagora fu strettamente osservata dalla figlia, quantunque si trovasse in estrema povertà e le venissero fatte molte richieste di vendere gli scritti. « perocché, soggiunse Liside, ella teneva gli ordini paterni più preziosi dell'oro, e questo fece quantunque donna ». Ma la genuinità di quest'ultima poco galante osservazione è negata da Me-nagio (Htsforia mulicrum philosopharum, e. 94). 11 suddetto ordine di Pitagora fu consegnato a Damo in iscritto, ed ella diede, morendo, questo documento alla figlia Bistalia.
DAMOCLE (biogr.). — Fu uno dei cortigiani di Dionisio il vecchio, tiranno di Siracusa, cui andava ripetendo non esistere persona che più di lui fosse felice sulla terra. Il tiranno, volendo fargli conoscere per prova quale fosse veramente questa sì vantata felicità, lo invitò ad un banchetto dei più sontuosi, nel quale volle che occupasse il proprio posto e fosse trattato con tutti gli onori che a lui si solevano rendere. Damocle era al colmo de' suoi voti e s'inebbriava di dolcissime illusioni, quando dal letto su cui era seduto, alzando per caso lo sguardo, vide pendersi sul capo una spada sospesa al soffitto per mezzo di un debolissimo filo. All'aspetto di questa minaccia di morte sempre presente, egli comprese di qua! felicità potesse godere un tiranno, e tutto pieno di spavento pregò Dionisio che gli concedesse di lasciare un luogo di tanto pericolo.
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