Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DANCOURT FLORENT CARTON - DANDOLOdi Napoli, ma con data di Leida 1771, 2 voi. in-4°, con figure). Passò quindi a Firenze, e il granduca ve lo prepose al Museo Mediceo delle stampe, di cui pubblicò il Prospectus (1772). Quest'opera venne po eia stampata col corredo di 300 intagli. Pubblicò .egli inoltre, senza nome di autore, le opere : Monu-mens de la vieprivée des dome Césars, d'après une suite de pierres gravées sous leurs règnes (Capri 1780, in-fol. con figure); Mémoire de culle sacré des dames romaines (Capri 1784, in-4°, con figure), e Recherches sur l'origine, l'esprit, les progrès des arts dans la Grèce (Londra 1785, 3 voi. in-4°, con figure). D suo spirito inquieto lo trasse da Firenze a Padova e poscia a Venezia, dove morì nel 1800. Le sue opere sono più pregiate per le stampe ebe per le illustrazioni dell'autore.
      DANC0URT Florent Carton (biogr.). — Attore e commediografo francese, nato a Fontainebleau il 1° novembre 1661, morto il 6 dicembre 1725, ebbe maestro il gesuita Delarue, che, avvisandone i rari talenti, sperava tirarlo nel suo Ordine: ma egli con-secrossi allo studio del diritto, che scambiò dipoi col teatro per amor di un'attrice. Appresso ei prese a scrivere commedie, in cui die prova di una grande fecondità nell'invenzione di situazioni comiche, e di una rara perizia nel ritrarre le ridicolezze sociali dei tempi suoi ; il suo dialogo è sciolto, vivace, ma troppo diffuso. Egli aveva un talento speciale per far parlare i contadini, e le sue commedie sono perciò quadri villerecci la più parte, tranne Le Chevalier à la Mode (16S7), il quale appartiene, in un col Galant Jardinier e le Vendanges de Su-resne, alle sue migliori composizioni drammatiche. Luigi XIV piaceasi tanto della sua compagnia, che si faceva leggere le sue commedie prima che fossero rappresentate. Dopo avere abbandonato, nel 1718, il teatro, Dancourt si ritirò in un suo po lere, ove diè opera ad esercizii di pietà, tradusse i salmi e compose una tragedia biblica. L'edizione compiuta delle sue opere fu pubblicata in dodici volumi in Parigi nel 1760. Sua moglie, Teresa Lenoir de la Thorillière, morta il 10 novembre 1725, si rese celebre non meno per la sua bellezza che pe' suoi talenti come attrice.
      DANDEH0 (Leontodon taraxacum o Taraxacum officinale) (hot.). — Pianta dell'ordine delle composite, sottordine delle cicoracee, comune in molte parti d'Europa e di America.
      DANDI (biogr.). — Poeta indiano, contemporaneo del re Rhodja, gli si attribuisce un'opera sull'arte poetica intitolata Caryadarsa. Egli è però noto anzi tutto per una specie di romanzo intitolato Basa Coumara tcharita, di cui il testo fu pubblicato, nel I ^40, a Londra da H. Wilson e tradotto in francese dal sig. Lancereau. Il Quarterly Orientai Magatine di Calcutta ne ha pubblicato una traduzione compendiata già sin dal 1826-27. In calce alYH'topndesa, pubblicata a Serampour, trovasi il compendio in sanscrito del Basa Coumara per Apyoryo (1804).
      Vedi H.Wilson, Basa Coumara (Londra 1846).
      DANDINIErcole Francesco (biogr.).--Giureconsulto italiano, nato nel 1696, morto il 7 novembre 1747, fu scolare del celebre Vincenzo Gravina (V.), e divenuto egli stesso giureconsulto peritissimo, insegnò
      giurisprudenza e compose molte opere, fra le quali le seguenti: De Forensiscribendi ratione eulta atque perspicua; Orazione delle lodi del seren. principe Eugenio di Savoja (Faenza 1717); De servitut. prce-diorum interpret. (Verona 1741).
      Vedi Fabroni, Vitce Ital. ecc. (tom. xu).
      DANDINI Girolamo (biogr.). — Gesuita e viaggiatore, nato a Cesena nel 1554, morto a Forlì il 29 novembre 1634, fu il prime del suo Ordine che insegnò filosofia a Parigi, ed esercitò molti altri ufficii, ad esempio, quello di rettore di collegio a Ferrara, Forlì, Bologna, Parma e Milano, quello di visitatore delle provincie di Venezia, Tolosa e Guienna, e finalmente quello di provinciale in Polonia e nel Milanese. Il fatto principale però della vita di questo dotto gesuita è il viaggio ch'ei fece in Oriente. Egli insegnava, nel 1596, filosofia a Perugia quando fu inviato da Clemente VIII appo i Maroniti del Libano, ove giunse il 1° settembre dello stesso anno, e dopo visitata la città santa, giunse, nell'agosto del 1597, in Roma. Egli descrisse il suo viaggio in un'opera intitolata Missione apostolica al patriarca e Maroniti del Monte Libano (Cesena 1656), tradotta in francese da R. Simon (Parigi 1675, e in inglese (Londra 1698).
      Vedi : Bayle, Dict. Hi st. — Paulus, Versammlung d. vorzugl. Reisen in Morgenland.
      DANDOLO (geneal. e biogr.). — Celeberrima famiglia veneziana, della quale indicheremo i più illustri membri.
      Enrico. — Nacque verso il principio del secolo xi. Quantunque d'una di quelle famiglie di Venezia che facevano risalire la loro origine agli antichi Romani, non fu da principio che un cittadino riguardevole della sua Repubblica. Valente nella guerra, e sopratutto nella politica, si esercitò altresì nell'eloquenza ; arte pressoché tanto utile in uno Stato aristocratico, quanto in uno Stato popolare. Inviato presso Manuele, imperatore di Costantinopoli, per reclamare alcuni vascelli, delle munizioni e de'prigionieri veneziani, ch'esso monarca, in onta al diritto delle genti ed alla fede dei trattati, si ostinava a tenersi, egli fu la vittima del suo patrio amore. In vece di dargli soddisfazione, il perfido Greco, in sola risposta, gli affacciò alcuni bacini arroventati che lo privarono subitamente della vista. Gli storici nazionali affermano ch'egli andò debitore della sua elevazione alla compassione che il suo infortunio inspirò; altri che tale avventura è inventata e ch'egli perde la vista in conseguenza d'una ferita. Comunque sia, fu eletto doge nel 1192, ed incominciò il suo regno con una guerra sostenuta felicemente contro i Pisani. Dopo due battaglie navali^ che questi perdettero, fece con essi una pace solida che ristabilì le comunicazioni ed i vantaggi del commercio. Nel 1201 una circostanza impensata crebbe per sempre la sua gloria e la sua fama ; i principi cristiani si crociavano per la quarta volta, secondo gli uni, e per la quinta, secondo gli altri. Volendo evitare un lungo giro per terra, s'indirizzarono al doge della Seienissima Repubblica, e gl'inviarono deputati, onde ottenere vascelli di trasporto. Questi li accolse onorevolmente, e loro facilitò i mezzi di espon e in piena assemblea il soggetto della loro deputazione. Orò Ville-Hardouiut
     
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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