Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DANDOLO
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maresciallo di Champagne, e per intenerire l'uditorio versò copiose lagrime. I principi ottennero tutto ciò ch'essi domandavano, mediante un prezzo di 80,000 marchi d'argento: tale somma era esorbitante per quel tempo. Dandolo fece aggiungere alle condizioni del trattato la promessa di cinquanta galee bene armate, e montate dai Veneziani, per Care diversione e combattere per mare, allorachè i Francesi combattessero per terra, riservandosi a compenso di tale sagrifizio la metà di tutte le conquiste. Allorché giunse il momento della partenza, i crociati non ebbero danaro bastante per compiere la somma promessa. Ivi appunto Dandolo li attendeva, onde aver occasione di proporre loro un altro componimento più conveniente agli interessi della Bepubblica. Siccome voleva tornare suddita Zara, sottrattasi al dominio di Venezia, profferse loro di fere insieme la conquista di quella città, e di tenerli sciolti da quanto non potevano pagare. Essi ricusarono, perchè Zara essendosi messa sotto la protezione del re d'Ungheria, il papa non avrebbe permesso che si facesse la guerra ad un principe cristiano. Malgrado tale ripugnanza, convenne all'ultimo acconsentire, e l'eloquenza di Dandolo in tale occasione lo servì assai bene. Egli aveva idee molto al dissopra del suo secolo, e non riconosceva come legittima l'intervenzione dell'autorità spirituale negli affari temporali. Ma per far gustare tale opinione alla semplicità dei baroni cristiani, adoperò una dialettica non meno sottile che forte, energica e stringente. Per ultimo espediente prese egli stesso la croce, ed arringò il Senato ed il popolo in termini che produssero una viva commozione, e presagirono, malgrado l'età sua di molto avanzata (aveva ottantaquattr'anni), la riuscita delle più grandi imprese. Come la conquista di Zara fu fermata e convenuta, la flotta partì, ed in breve si raccolse dinanzi a quella città; poiché venne forzato il porto e dati furono molti assalti, ella s'arrese a discrezione; il che non la salvò da un sacco generale. Nella stessa epoca il giovine Alessio, figlio d'Isacco, imperatore greco balzato dal trono, mendicava in tutta l'Europa, e principalmente a Venezia, soccorsi per ristabilire suo padre sul trono imperiale. Dandolo, rammentandosi l'oltraggio che gli avevano fatto i Greci, non lasciò sfuggire l'occasione di vendicarsene. D'accordo coi principi crociati, trattò col giovine Alessio a condizioni che questi avrebbe dovuto trovare assai onerose, se la necessità non gli avesse fatto una legge imperiosa di accettarle (1203). I crociati s'imbarcarono sulla flotta veneziana e si condussero dinanzi a Costantinopoli, dove intimarono all'usurpatore regnaute di dover restituire il trono all'imperatore legittimo. Avendo egli ricusato, si fece l'assedio di Costantinopoli; Dandolo si segnalò in quell'ossidione per la sua abilità e prodezza. Dopo molti assalti l'imperatore fuggì di notte, e lasciò che il giovine Alessio ed Isacco, suo padre, riprendessero il possesso del trono. Ma sopraggiunsero in breve alcune turbolenze nella città di Costantinopoli. L'adempimento delle condizioni accettate dal giovane Alessio suscitò il disgusto dei Greci: essi ribellarono da lui. Il giovane imperatore perdè la vita, e gli fu surrogato Murzuflo, che l'aveva fattostrangolare. Allora fu che Dandolo manifestò in pieno consiglio dei crociati un avviso che per la sua arditezza li stupefece tutti : consigliò loro d'impadronirsi dell'Impero greco. Si ebbe di nuovo ricorso alle armi ; due assalti memorabili furono dati alla città ; Dandolo
strong>, montato sopra una galera
veneta, animava i crociati col suo esempio. Murzuflo, vedendo inutili i suoi sforzi, fuggì, ed i crociati entrarono alla fine trionfanti in Costantinopoli (1204).
Fig. 2009. — Enrico Dandolo.
Il sacco fruttò ricchezze immense, che furono divise tra i Francesi ed i Veneziani. In tale disordine la necessità di creare un imperatore si fece in breve sentire, e Baldovino, conte di Fiandra, fu eletto d'unanime consenso. Alcuni autori rapportano che Dandolo fu dispensato dal prestargli giuramento di fedeltà, e che anzi rifiutò l'impero. Sembra, per lo contrario, dopo un più maturo esame, che fu desso meno un rifiuto volontario che una circospezione repubblicana per pai-te dei Veneziani : questi temerono d'avere un imperatore per doge. Ma se Dandolo rinunziò, o fu forzato di rinunziare alla più grande dignità, non rinunziò al possesso delle terre conquistate. Egli fu creato despota di Romania, ed ottenne per la parte della Repubblica Veneta le isole dell'Arcipelago, molti porti sulle coste dell'Ellesponto, della Frigia e della Morea, la metà di Costantinopoli in sovrauità assoluta, e da ultimo comperò per 10,000 marchi d'argento l'isola di Candia, toccata al marchese di Monferrato, terminando la sua grande impresa, come l'aveva incominciata, per quello spirito di monopolio e di traffico, ch'è stato la sorgente delle grandezze e delle prosperità di Venezia. Censurato dapprima da Innocenzo III, perchè distornava i crociati dalla conquista di Gerusalemme, tosto ch'ebbe compiuta l'opera sua, acconsentì a ricevere l'assoluzione. Per obbedire allo spirito di quel tempo, raccolse a Costantinopoli molte reliquie, specialmente una porzione della vera croce, incassata in oro, che inviò a Venezia. Aveva altresì il disegno d'inviarvi un monumento d'un altro genere, i quattro superbi cavalli di bronzo dorato, che, altre volte attaccati al carro di un imperatore romano, avevano fatto in alcuna città della Grecia o dell'Asia l'ornamento d'un arco trionfale, e ohe in seguitot^iOOQLe
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