Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DANTE ALIGHIERIdella vita sua, e poco dopo la morte di Beatrice ; e la prosa, che accompagna e dichiara i versi, è alcuna volta più poetica e passionata di essi, è, quasi a dire, fatta più profonda e comprensiva dalla postuma coscienza e dalla perfezione del dolore.
Quest'operetta singolarissima, che è come la chiave dell' ingegno del poeta, si conchiude con alcune parole solenni e votive, che già preludiano il gran poema, e che vogliono essere sempre ricordate.
« Appresso apparve a me una mira visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre non dire più di questa benedetta, infintanto ch'io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò, io studio quanto posso, siccom'ella sa veramente. Si che, se piacere sarà di Colui per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanto perseveri, spero dire di Lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui, che è sire della cortesia, la mia anima se ne possa ire a vedere la gloria della sua donna, cioè quella benedetta Beatrice, che gloriosamente mira nella sua faccia Colui qui est per omnia scecula benedictus. Laus Deo ». Qui è tutto Dante ; questo è lo schietto ritratto del principio di sua aspirazione, nella quale l'arte si congiunge colla fede, la religione coll'a-more. E a chi non sapesse comprendere il linguaggio e lo spirito di quei tempi, basterà ricordare la sentenza d'un moderno filosofo : Il cristianesimo essere l'attuazione della poe. ia filosofica.
Or è a vedersi quello che gli studii, gli uomini, i tempi, i casi aggiunsero a questo germe paradisiaco, e come temperarono e colorirono quest'anima, che cercava nella vita l'intelletto d'umore.
Dante trovò tal maestro quale si conveniva a quella insaziabile sete di sapere che a lui pareva natura dell'anima umana (Purg., xi ; Parad., 11; Convito, 1). Brunetto Latini, arguto e veloce ingegno, innamorato dell'antichità, scrittore pregiato nei due volgari del sì e dell'otri/, ardito architettore d'epiloghi scientifici, che per quei tempi non sono senza grazia di neivosa brevità, ispirò a Dante, che gli dovette essere discepolo nella sua prima giovinezza, l'amore del bel parlare, scienza più nobile che nuli'altra del mondo (Tesor., i), e per la quale l'uomo si eterna. Guido Cavalcanti, fiore di cavalleresca eleganza e cercatore di poetiche e filosofiche novità, fu stretto a Dante di tanta amicizia ( Vita Nuova, § 3), che questi quasi si scusa d'aver tentata senza di lui la sua grande opera (lnf., xi). Teneano domestichezza con Dante anche Giotto, il pittore degli angeli, Oderisi da Gubbio, bellissimo miniatore, e Casella, cantore e musico eccellente; e Dante medesimo a questi tempi si provò nelle arti del disegnare e suonare ; e, chi ben avverta, troverà nella intonazione de' suoi versi e nell'evidenza delle sue descrizioni manifeste prove ch'ei nei misteri dell'armonia, del figurare, del rilevare e dell'ombrare penetra più addentro di quello che ad uomo per sola ed inesperta vivezza d'ingegno sia concesso. Ma da questi studii gentili, e forse dalle vagabonde disputazioni della libera filosofia lo revocò a più alti e fermi propositi il pensiero di voler rivedere e glorificare Beatrice, della quale, per graziosa rivelazione, teneasi certo ch'ell'era in cielo (Convito, ii, 8). Nella prima distretta del do-
lore Dante propose forse di sacrarsi in tutto a vita spirituale, e rimane memoria, comecché non ben sicura, ch'ei volesse rendersi frate, e che anzi vestisse le umili lane dei Francescani, i quali allora predicavano, tra i popoli già inchinevoli a licenza, le glorie della umiltà e della povertà.
Ma il tempo e, come Dante confessa, l'evidenza delle cose presenti ( Purg., xxxi) ammorzarono quel primo impeto di spiritualità suicida, che facevalo essere invidioso di chiunque muore (Canz.), e lo rimisero per quel cammino sul quale doveva confessarsi perduto a mezza via.
Così dapprima lasciossi consolare da alcuna delle gentildonne di Fiorenza; poi troviamo ch'ei menò moglie, e s'accasò con una Donati, legata di consanguineità a quel Corso Donati, che era il più superbo e maneggiante tra i grandi di Fiorenza. Il nome di questa Gemma Donati, che pur gli partorì sette figliuoli, non s'incontra mai nelle opere di Dante ; segno che a molti parve d'animo disamorato, e a molti di nobile riserbo e di gentilizia gravità ; i quali ultimi notarono che nè dei figli suoi Dante fece ricordo espresso; e avrebbero anche potuto notare, che vicino a Beatrice non poteva trovar luogo altra donna se non contentandosi del secondo posto. Onde il silenzio di Dante rispetto a Gemma potè venire da riverenza e da discrezione ; se pure anzi allo stesso motivo non dobbiamo quella, quasi direbbesi, apostasia poetica, di cui Dante si fece reo nel Convito, dove si sforza di mostrare che lodando la donna sua egli aveva volto l'animo unicamente a celebrare la filosofia. Ma di ciò lo assolve assai sagacemente il Balbo, mostrando come Dante nel Convito non rinneghi Beatrice, sì bene un'altra donna, che, dopo la morte di lei, l'aveva tolto a consolare. E di aver cercato siffatte consolazioni Dante s'accusa più volte, sdegnandosi nobilmente seco stesso della sua levità, e pur nondimeno trovando gentili e convenienti parole per le consolatrici sue ; del nome delle quali e dell'ordine cronologico fanno curiosa ricerca i commentatori e i biografi ; e noi li lasceremo frugare.
IV. Prende parte agli avvenimenti civili di sua patria. — Fazioni. — Più assai importa sapere che dopo il suo matrimonio, il quale seguì intorno al 1293, veggiamo Dante avvolto negli avvenimenti civili, più che mai noi fosse ; o che l'età più ferma glielo consentisse, o che il nuovo parentado e le necessità domestiche ve lo tirassero. Ben è da sapere che dopo Campaldino i grandi, cosi si chiamavano i cittadini di sangue antico e cresciuti nelle arti cavalleresche, montarono in superbia per modo, che spesso manomettevano e beffavano la gente minuta e meccanica, da cui Fiorenza per le industrie rinate cominciava a trarre le sue ricchezze. I popolani, che erano già ordinati per consorterie di mestieri, pensarono e trovarono, col favor d'uno dei grandi, che fu Giano della Bella, un rimedio risolutivo, e fu quello di escludere le schiatte dei nobili dal governo della Repubblica (1292). Dante, che, per aver avuto un cavaliere imperiale in casa, dovea connumerarsi fra i grandi, si acconciò a rifarsi popolo, come portavano i nuovi statuti, e si fece scrivere nell'arte degli speziali (1293?); e quind'innanzi lo troviamo adoperato in molte ambascerie, giusta l'uso dei tempi, nei quali ogni cosa, anche di lieve
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