Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      93 DANTE ALIGHIERI
     
      importanza, che ora si spaccerebbe per lettere, trattasi per pratiche d'oratori e di legati. Quindici ambascerie si ricordano commesse dal Comune di Firenze a Dante Alighieri; onde può credersi che a lui, uomo letteratissimo e facondo, codesto andar fuori di paese per commissioni pubbliche fosse divenuto quasi una professione. Ad ogni modo gli dovette essere scuola ed esperienza, che corresse e rattemperò quel suo giovanile eccesso di spiritualità e di asceticismo, ed ai profili angelici e annebbiati di luce, che veggiamo nelle sue prime creazioni poetiche, aggiunse la co poreità muscolosa e le risentite ombreggiature, di oui non troviamo alcun indizio nella Vita nuovo, e che spiccano miracolose nelle tre grandi cantiche.
      In queste sue missioni Dante conobbe e visitò il mondo, e di spirito si fe' corpo, di luce colore. Ei fu a Perugia, a Siena, a Venezia, a Genova, e sopratutto a Napoli e a Roma più volte, alla Corte degli Angioini e dei papi; e, secondochè vuole il Filelfo, andò anche legato al re di Francia. Dal veder Dante adoperato sì spesso in negozii, come oggi diremmo, diplomatici, nasce la persuasione ch'ei si fosse del tutto straniato dai grandi, a cui doveva tenerlo legato il parentado coi Donati, e raccostato alla parte popolana, che allora i eggeva la repubblica. E veramente furono questi gli anni (1292-1300) del popolo grande, allorché Firenze, capo de' Guelfi in Toscana, assicurate le strade ai commerci, e le leggi e le giustizie agli artieri, vedeva crescere a dismisura i suoi traffici, e sovrabbondarle le ricchezze, le quali volgeva a nobile adornamento di fabbriche pubbliche o di altre comodità; essendosi in questi anni cominciato a murare il Palazzo Vecchio, e decretato, con romana alterezza, di rifabbricare Santa Maria del Fiore per forma che avesse a riuscir il più bello e il maggior tempio della cristianità (1295).
      Ma la prosperevole fortuna ingrossò i mali umori, che ancora non si erano sfogati. I grandi, esclusi dal governo, o costretti a rientrarvi abbassandosi alle arti, dolevansi fieramente che dopo aver difesa e fatta potente la patria col loro sangue, non la potessero ajutare di consigli, e fossero tenuti come in tutela dalla gente meccanica e di bottega. E però, quando loro veniva fatto, percuotevano o ingiuriavano i popolani con insolenza incorreggi-bde: ma peggio è, che anch'essi si dividevano in sette e in consorterie, le quali si straziavano colla lingua, fintantoché non si preparasse occasione di lacerarsi colle armi. Due fazioni dopo Campaldino erano sempre state tra i grandi Guelfi ; l'una delle schiatte più antiche e onorate, e però per lunga consuetudine più atte alle risoluzioni vigorose e più preste ai fatti; l'altra di case ricche e date alla mercanzia, e però non manco superbe, ma più acclini a quiete e più rassegnate all'impero delle leggi comuni. L'una setta faceva capo ai Donati, ond'era la moglie di Dante : stirpe d'antichi orgogli e di rancore, esperta in tutte le arti di sedurre la plebe, ricca di onori e di tempo più the di facoltà ; dell'altra setta erano principali i Cerchi, ricchissimi in mercanzia, malgraziosi al popolo minuto, beffati dalla nobiltà vecchia, invidiati da tutti Fra queste due fazioni, il cui scismanasceva non da pubbliche gare di opposti consigli, ma da passioni private, veggiamo Dante con tutti i buoni uomini della città infrapporsi e temporeggiarsi, sì che l'insolenza irrequieta degli uni e la sprezzatura degli altri non rompessero in qualche scandalo rovinoso. Ma la divisione dei Cancellieri di Pistoja, e le sette dei Bianchi e dei Neri che originarono da quella sozza discordia domestica, vennero a soffiare nel fuoco che già covava insidioso in Fiorenza. — I Donati pigliarono le parti dei Neri, ed i Cerchi dei Bianchi; e cosi, come già un secolo prima si era divisa la città in Guelfi e Ghibellini pel caso del Bondelmonti, si divise nuovamente pel caso dei Cancellieri e per le gelosie dei Donati e dei Cerchi ; notabile differenza tra le contenzioni di Roma antica, esercitate intorno alle leggi, ai privilegi, agli ordini civili, e queste miserabili sette municipali del medio evo, che spesso non meritano pure il nome di politiche, e che si perpetuano in eredità domestiche di astii e di vendette. I migliori cittadini si travagliavano assai per tórre via le occasioni di questi scandali (V. Dino Compagni), e con loro consentiva Dante, il quale però inclinava ai Cerchi, o che ve lo traesse l'amicizia fraterna con Guido Cavalcanti, implacabile avversario dei Donati, o che a ciò lo persuadesse giustizia d'uomo leale e prudenza cittadina ; imperocché veramente i Cerchi, come più mansueti alle leggi, e manco maneggiauti, erano meno pericolosi alla pubblica libertà. Nondimeno aveva Dante amici assai distretti anche fra i Donati; e di Forese e di Piccarda, l'uno fratello e l'altra sorella del superbissimo Corso, fece soavissimo ricordo nel suo poema, e però facilmente può credersi ch'egli fosse sincero e persuaso predicatore di pace. Ma la parte dei Bianchi e quella che chiameremo dei buoni, che si frammettevano per concordia, andarono troppo oltre; e parvero dar quasi intenzione di voler rimettere i Ghibellini, o almeno trattarli con equità. Di che insospettito il pontefice, che era l'impetuoso Bonifacio Vili, e temendo che la pai te della Chiesa ne scapitasse in tutta Toscana, cominciò a pensare ai rimedii, dei quali tanto più sentiva la necessità, quanto più parevano ingrossare in Firenze gli umori corrotti. Infatti già i Bianchi e i Neri erano venuti più volte ai tornititi ed al sangue ; il perchè, appunto mentre Dante era dei priori (dal 15 giugno al 15 agosto 1300), la Signoria prese il partito di mandar a confino i più maneschi delle due sètte. Mai priori trattarono più umanamente gli sbanditi dei Bianchi ; o almeno parve così ai Neri, che ne levarono querele grandissime, e misero il papa in gran gelosia che Fiorenza non venisse in mano di un reggimento placabile ai Ghibellini. Forse di queste accuse di parzialità fu cagione Dante stesso, che per pietà dell'amico suo Guido Cavalcanti, uno dei confinati, il quale era travagliato da infermità e bisognoso di ribevere l'aria nativa, praticò si che innanzi al posto termine tornasse in Firenze. Comecché la cosa andasse, certo è che- i Guelfi di Toscana, aizzati dall'astutissimo Corso Donati a diffidare dei Cerchi e dei Bianchi, come tiepidi e inchinevoli ai Ghibellini, presero il miserabile consiglio di chia-r mare un principe francese devoto alla santa Sede, il quale abbassasse i Bianchi, e assicurasse la parte
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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