Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DANTE ALIGHIERIuom sappia nò come, nè perchè ! E in questa oscurità insidiosa, in questa valle piena d'arcane e confuse paure, in questa fiumana che rapisce alla morte le cose viventi, non vi par di trovare l'immagine dell'umana condizione, la sonnolenza della vita obliosa che ha sempre la vigile morte ai fianchi, la confusione dell'anima, che s'abbandona per uso e per istracchezza al peccato, o, se più vi piace, la pittura d'uno di quei procellosi comuni del xiii secolo, nei quali trovavasi si inestricabilmente aggrovigliata col torto la ragione, che non era concesso posare senza viltà, nè operare senza sospetto di colpa ? Ma ecco levarcisi d'incontro in uno sfondo luminoso e sereno il monte della salute. Qual ei sia voi ancora noi sapete ; nè il poeta lo dice, perchè ei pure noi sa. Dal fondo ove combatte colla morte quotidiana egli vede questo riposo e questa gioja di luce, e vi dirizza i passi ; ma tre forme paurose di fiere gli contendono l'erta ; una pantera dalla gaja pelle, un leone provocatore, una lupa insaziabile. Sei si abbia ad intendere Fiorenza, Francia e Roma, ovvero lascivia, superbia e avarizia, disputano i chiosatori. E forse, anche nella mente del poeta, l'una allegoria rampollò sull'altra ; perocché questo primo canto deve essere stato abbozzato innanzi all'esilio, e scritto come ci rimase, dappoi. Ad ogni modo questo prologo della visione è la storia della nostra vita ; e la stessa indecisione e il tramischiamento dei colori, a cui s'aggiunge una pittura mirabile delle incertezze e delle paure ond'è assalita l'anima del poeta, ne cresce la malinconica maestà. Ma entrata una volta la porta
      Innanzi a cui non fur cose createSe non eterne,
      il sagrato poema non soffre più codesto vago simbolismo. E così aveva ad essere ; imperocché veramente la vita terrestre è l'enigma che Dante volle risolvere visitando i regni degli spiriti. E però finché siamo nel mondo i luoghi sono senza nome, gli spazii senza misura, i contorni senza fermezza. Messo il piede nel mondo eterno, Dante si sveglia e l'immortale geometra comincia a dar ragione di ogni cosa.
      E qui desideriamo anche avvertire, che il poema dantesco essendo plastico e sintetico, più che analitico e riflessivo, potrebbe sopportare assai bene la parafrasi; e questa per avventura sarebbe la migliore, comecché certo la più difficile maniera di commentario estetico ed insieme esplicativo : a quel modo che per ridurre al gusto moderno le sobrie e profonde melodie dei vecchi maestri giova fraseggiarle e varieggiarle così, che se ne senta a prova la larghezza e la fecondità.
      Ma continuandoci nella sposizione sommaria del poema, veggiamo che quando Dante, per paura delle belve nimichevoli, s'abbandona al basso, lo soccorre Virgilio, simbolo dell'umana ragione, o, ciò che torna al medesimo concetto, dell'antica civiltà, o, se più vi piace, ombra che ha vita propria, e possibilità di memorie e d'affetti. Imperocché si vuol notare qui, che i morti, e le ombre, e i dannati, e le anime pui ganti e le beate, e le donne benedette, e le virtù, e le forze celesti personificate, tutte avevano vita o potevano averla nella fede del poeta e nella persuasione de' suoi tempiVirgilio adunque, simbolo di quel genio antico
      Che per lungo silenzio parea fioco,
      e nel tempo medesimo anima viva veramente ed immortale, evocata dai pensosi crepuscoli del Limbo, accorre in soccorso dello smarrito poeta e lo persuade che al bel monte non può andarsi per corto cammino, nè campar dalla lupa malvagia per altra via che visitando i luoghi eterni. Di che prima Dante, pressato dalla paura presente, lo prega; poi (cant. n), sopravvenendo la notte e lo stracco riposo della natura, comincia a lasciarsi vincere alla viltà, e domanda com'egli, oscuro e ignoto, possa fidarsi a sì alto passo, e tentar cosa che, per arcana preparazione di fati divini ed umani, appena fu concessa ad Enea e a san Paolo. Allora Virgilio narra divisatamente come tre donne benedette tenessero consiglio in cielo per la salute di Dante, e come per lui Beatrice discesa agl'inferi pregasse e piangesse d'amore. Rincalorito da queste immagini, Dante ei mette animosamente sulle orme del grande Mantovano, ed è presto alla porta dell'inferno (cant. in), ove legge quella iscrizione, che nella sua biblica semplicezza e nella sua perspicuità tremenda pare più misteriosa e paurosa che tutte le indefinite orribilità del prologo infernale di Milton. L'introito dell'inferno è, per mirabile eccezione, più colorito che scolpito, più musicato che plasmato. Sono tenebre che versano un torrente di musica infernale. E in quella notte visibile e mugghiante vedete la moltitudine miserabile e innominata dei codardi che nè seppero vivere, nè ponno morire, correnti con ansietà inutile e senza scopo dietro un'insegna che non ha nome nè forma, e spandendo vilmente sangue e lagrime per combattere col fastidio delle vespe e dei vermi. Non crediamo che mai alcuno con più viva e profonda fantasia significasse la vita incerta, mutabile e vuota, anzi pur piena d'inutili martirii, di quei moltissimi che sono uomini indarno, e che, ristringendo a sè soli ogni loro pensiero, d'animali cosmici e divini e di sustanzie eterne si fanno laide bestie e dimenti-clievoli apparenze ; e nè per ciò ponno spegnere tanto l'anima la quale è affissa, come condanna, al loro corpo, ch'essi non sieno tormentati da perpetui dolori e ansimanti per inutili fatiche, e invidiosi d'ogni altra sorte, fin di quella dei dannati Questa prima parte del poema toccammo con qualche maggior particolarità, perchè essa è veramente meno plastica e più simbolica di tutte le altre. Con Caronte, che ritiene alcuna cosa della tetra maestà virgiliana, ed è nondimeno mutato assai bene in demonio, cominciamo a farci alla luce tetra dell'inferno e ad incontrare il rilievo, la corporeità : benché la descrizione paurosa della pioggia delle anime sulla trista riviera d'Acheronte tenga ancora assai di quell'indistinto che cresce il terrore. D'indi innanzi ogni cosa si vede e si misura: il limbo sospiroso, ove le grandi anime che non conobbero la salute di Cristo vivono in desiderio senza speranza, e portano con grazia signorile la loro disperazioneParlando rado, con voci soavi; la bufera che mena ruinosamente in volta, ralla
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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