Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DANTE ALIGHIERI
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prima soglia dell'inferno, i peccatori carnali ; e nei cerchi successivi la pioggia eterna e puzzolente che dimoja i ghiottoni, la maledetta tresca dei prodighi e degli avari che s'azzuffano tra loro, rotolando, come Sisifo, perpetui macigni ; e infine la baja laguna di Stige, ove si diguazzano lacerandosi coi denti gl'irosi, e in fondo alla quale, affogati dalle acque fangose, si sforzano di gorgogliare qualche stracco lamento i tristi poltroni, memori allora invano dell'aria dolce e dell'allegro sole che gli doveva stimolare alla vita. Ma ancora non siamo nel vero inferno, in Dite, di cui Dante vede le infuocate moschee e le mura di ferro rosseggiare oltre il fumante pantano di Stige. Qui primamente scontriamo i veri demonii del medio evo, coi quali gì mescono, e in ciò la tradizione cristiana dà ra-g'one a Dante, le divinità infernali e le fantas:e mitologiche del paganesimo. Un angelo, che attraversa l'aria infernale come un fulmine di paradiso, disserra con un lieve cenno di verga le seconde porte del Tartaro, che i demonii avevano chiuse h petto ai due poeti; e s'entra ornai ove sono i dannati veri, quelli che per piena volontà e per baldanza di ragione ruppero le leggi dell'ordine eterno. Come sia ordinato e distribuito questo vero inferno il poeta lo divisa con ogni cura nel canto xi ; prima gli eres.'archi, che turbarono colle loro sottilità la legge morale ; poi i violenti, che usarono forza nel prossimo, in sè, ne' decreti di Dio ; da ultimo i fraudolenti, i quali più s'aggrevano al fondo d'ogni male, secondochè usano gl'inganni loro in chi si fida, o in chi potrebbe diffidare: questi ultimi, che recidono il vincolo d'amore ordinato da natura tra gli uomini, cioè ipocriti, af-fatturatori, ladri, simoniaci, barattieri, hanno meno orribili pene di coloro i quali non fanno frode alla Datura soltanto, ma a quel vincolo di fede che per ^pressa volontà stringe uomo ad uomo : ond'è che i traditori sono fitti ove punta tutto il male dell'universo. Codesta è la forma razionale dell'inferno. Le pene materiali poi vi sono mirabilmente appropriate alla natura dei misfatti, e accomodate alle fantasie popolari. In grandi avelli infuocati gia-ciono, morti immortali, coloro che fanno l'anima corporea ; i tiranni affogati in un bollente fiume di sangue ; le anime dei suicidi chiuse in alberi strani che gemono sangiie e parole sotto l'ugne delle arpie, le quali van rameggiando tra le stecchite frondi ; i bestemmiatori e i perduti dietro nefande e studiate carnalità sono seduti, o vanno fuggendo su un deserto d'arene roventi e sotto una pioggia lenta di fuoco. Dentro questo gran cerchio dei violenti, che è quasi a dire l'inferno eroico, incontriamo le grandi anime del Farinata, di Brunetto Latini, del Tegghiajo, del Rusticucci, del Guido-guerra, di Pier delle Vigne, e Ezzelino, e Chirone «Centauri, e Capaneo, che morto e dannato, sta con eroica baldezza non si curando del fuoco, nè della vendetta divina.
Ma da questo all'ultimo ed imo inferno dei fro-dolenti è chiuso il passaggio ; poiché nè Dante, né Virgilio non ponno tragittarvisi dall'inferno eroico se non sulle spalle d'una sozza immagine di froda, la cui forma mutevole e fantastica, com'è appunto frode, che piglia aspetti infiniti, è dal poetaritratta con tanta evidenza che mai la maggiore. La tremenda maestà dell'inferno dei violenti quaggiù , si muta in mistione d'orrore e di sozzura. In Male-bolge prima gli aggiratori e seduttori di femmine sferzati e cacciati a corsa dai demonii ; poi i piacen-tieii e lusingatori tuffati nello sterco: poi i simoniaci e mercatanti di cose sacre capofitti entro pozzi infernali e dannati a cascar più giù per l'orribile doccione, quando altri a cui giovò il mal esempio sopraggiunga ; gl'indovini e profetanti col capo travolto a tergo, e costretti d'andar all'indietro piangendosi sulle natiche ; i barattieri cotti entro un lago di pegola ardente, e pescati coi raffi dai demonii, appena mettano il muso fuor dal bulicame; gl'ipocriti trafelati sotto il plumbeo peso di cappe dorate; i ladri ins diosi,che tra loro si tramutano d'uomini in serpi e di serpi in uomini ; gli aggiratori politici sepolti in una gran vampa, e nascosti dal baglior della fiamma ; i seminatori d'odii civili e di scismi ad ogni volta che dànno pel fiero vallone messi al taglio ed allo squarcio della spada infernale, e vaganti cosi smembrati e dilacerati per l'aria nebbiosa di sangue; i falsatori e bugiardi buttati a rifascio in una bica d'infermi e di eterni agonizzanti. Ma ancora v'è un baratro più pauroso, ove sono tormentati i traditori, e dove Dante, fin qui pietoso ai mali dei miseri profani, diviene poco meno che demoniaco egli medesimo. Qui veramente è la morta vita, la ghiaccia etema che aggela le lagrime sugli occhi, la disperata vergogna che vorrebbe uccidere la memoria e soffocar la parola. Quest'esecrazione del tradimento è come un grido profetico del gran poeta, il quale dice in alcun luogo delle sue opere, quasi divinando i venturi casi d'Italia, non v'essere maggiore empietà di chi assassina la fede e rompe cosi la vita e spegne l'anima dell'umana compagnia.
A mano a mano che Dante scende più al fondo, ei par raddoppiare di ferocia, di terribilità, d'evidenza ; e certo l'ultima parte dell'in/erno, dalla pittura de'giganti, di cui per l'aura grossa e scura veg-gonsi con inarrivabile vivezza le movenze, infiuo alle ombre infami che tengon gli occhi torvi in giù raccolti e non osano levar lo sguardo, nè dare il loro nome, e ad Ugolino, e all'anima del genovese, di cui il corpo s'agita tuttavia tra i viventi, governato dagli spiriti infernali, eccedono in vigore di plastica e furore di creazione quanto fin qui produsse in qualsivoglia lingua e tempo la poesia.
La grande immagine del Lucifero tricipite, che muove coll'ali di pipistrello il vento onde aggela Cocito, e dirompe coi denti i traditori di Cristo e di Cesare, immagine che tutti i nostri vecchi citavano in esempio del sublime, adesso pare a molti una volgarità. E veramente chi voglia contrapporre all'imperatore del doloroso regno, tanto fnrntto quanto già fu bello, il cherubico Satana di Milton, che combattendo avrebbe
.......costernatoNon solo il Paradiso, ma l'immensa Vòlta del cielo e gli elementi tutti
Rotti, sconvolti.....
(Milton, lib. ìv, trad. di A. Maffei)
non potrà contentarsi del Lucifero dantesco, metaforizzato in un mal verme, che fora il nostro globof
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