Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DANTE ALIGHIERIed assomigliato, pel dibatter perpetuo delle ali, alla vista che rende traverso le grosse nebbie un mulino che il vento gira (Inf'., xxxi). Ma Dante con profondo senno, e seguendo in ciò anche il genio popolare, faceva il re del male più assai grottesco e pauroso, che maestoso e sublime. Il Satana di Milton nei principii del suo gran poema non si era ancora rimpicciolito a seduttore di donne e insidiatore d'uomini, e tenea sì gran parte di celeste maestà, che il poeta stesso s'accorse d'essere andato tropp'oltre ; tantoché nella fine del Paradiso Perduto noi troviamo il principe tartareo, con tutto il suo Senato, converso
In laido stuolo di serpenti.
(P. P., lib. x).
In eguali forme grottesche appajono i demonii nel poema che piii tra i moderni s'accosta alla Divina Commedia, nella tragedia fantastica del Mischiewitz. E veramente il male, e il principio del male non è tra gli uomini, nè può essere, come tra gli spiriti sovrumani, la titanica superbia, ma v'è sempre alcunché di caprigno e di felino ; e se anche talora si cominci come il Caino di Byron, che vacilla tra le prime ombre del dubb'o pietoso e dell'orgoglio ribelle, si finisce poi sempre come il Mefistofele di Goethe, che desidera alle nudità pagane camicie cristiane, irritamenti di più acuta sensualità. Ma delle varie immagini di Satana, che si strettamente s'attengono al concetto filosofico del male, si avrà a dire in altro luogo (V. Diavolo).
b) Purgatorio. — Il passaggio dall'Inferno al Purgatorio è uno dei contrasti più spiccati e più felici che sieno nel poema. Il prologo del Purgatorio pare sciitto in un'altra lingua ; fresco, lucido, quieto, pieno di armonie intime e riposate. Catone, il tipo dell'eroismo e della religiosità antica, non beato e non dannato, custodisce il vestibolo del Purgatorio, che è un gran monte, rilievo e cavaticcio della sterminata bolgia infernale, il quale si leva sotto cieli più felici, nell'altro emisperio, portando in sulla vetta il Paradiso terrestre, la perduta patria dell'umanità. Quelli che nell'Inferno sono cerchi vuoti e fosse e cavi, ove s'addensano sempre più giù i perduti, qua invece sono ciglioni e gironi e scalèe, onde si va stringendo e digradando in fino al sommo il santo monte. E come in sul sogliare dell' Inferno si affannano in varii rigiramenti gli sciaurati che non amarono il bene, nè osarono il male, così nell'antivestibolo del Purgatorio vagolano o stanno sfiaccolati quei che indugiarono alla fine t buoni sospiri. Più su i superbi serpono rannicchiati sotto il peso di gran massi ; gl'invidiosi stanno rincalzati gli uni contro gli altri cogli OvX-hi cuciti ; i collerici camminano brancoloni in un denso bujo di fumo aspro e pungente ; i pigri trafelano correndo e rigirando intorno al monte ; gli avari giaciono prostesi a terra boccone ; i golosi distrutti e ischeletriti dalla fame sott'esso gli alberi fruttiferi di Paradiso; i lascivi vanno a divote processioni per entro un cerchio di fiamme, cantando le lodi della castità. Per questa purgazione del fuoco passa anche il poeta, con terrore e dolore, ma consolato dal pensiero di veder tosto Beatrice sua. Da questa penitenza riesce a un trattonella viva foresta del Paradiso terrestre, libero e donno di sé: poiché Virgilio è nuovo ei stesso in quel luogo,
Fatto per proprio dell'umana specie,
dove Dante trova le prime e intemerate immagini della sua buona giovinezza.
Il Purgatorio doveva parere ad alcuni un Inferno affievolito e annacquato ; e tale è veramente, chi guardi la graduazione e la varietà delle pene. Ma i rimorsi e i ricordi della vita temporale, la speranza, lo sdegno, il pentimento ravvivano e innovano la cantica, sceneggiata poi meravigliosamente colle inarrivabili e musicabili pitture del cielo costellato, del mare, dell'aurora, della sera, della vegetazione e della natura paradisiaca. Ond'è che se l'Inferno vince nella forza plastica del rilievo le altre parti del poema, il Purgatorio primeggia prjr l'armonia e la vivezza del colorito e la varietà delle intonazioni. E quanto all'individualità umana, sebbene i tipi non vi sieno si numerosi e sì aspramente scolpiti come nell'J«/m*0, quei che vi s'incontrano hanno una finitezza e un riposo, come di grazia. E basti ricordare Manfredi, Casella, Sordello, Belacqua, e gli angeli, cosi varii nella loro luminosa fraternità. Anche del diviso e dell'ordine del Purgatorio Dante rende per filo di argomenti ogni ragione nel canto xn, al quale seguita poi la mirabile teoria dell'amore, e quella visione melodica della Sirena, di cui non ponno leggersi le parole senza cantarle (Purg., xix).
Nel Paradiso terrestre è il nodo drammatico dell'azione e il punto ove si tocca il colmo della vita poetica. Preceduta da mirabili visioni di donne angeliche e di celestiali trionfi, compare infine la gloriosa Beatrice, prenunciata fino dal primo canto dell' Inferno, e di cui ad ora ad ora mostravasi come un riflesso di luce tra le bufere infernali e in sui faticosi scaglioni del Purgatorio. Niuna lingua, crediamo, può contrapporre un miracolo poetico pari a quello della sospirata visione di Beatrice. Eufonia di parole, magia di accenti e di vocalizzazione, temperanza profonda di metro, immagini serafiche, trasparenza e semplicità virginale di lingua.
Io vidi già nel cominciar del giorno La parte orientai tutta rosata, E l'altro ciel «li bel sereno adorno,
E la faccia del sol nascere ombrata Sì, che per temperanza di vapori L'occhio lo sostenea per lunga fiata ;
Così dentro una nuvola di fiori Che dalle mani angeliche saliva, E ricadeva giù dentro e di fuori,
Sovra candido vel cinta d'oliva Donna m'apparve sotto verde manto Vestita di color di fiamma viva.
(Purg., xxx).
S'aggiunge la commozione e l'incertezza; perchè Dante trovasi solo, senza Virgilio, in faccia alla donna ch'egli aveva tanto amata, e sì vilmente dimenticata. Di che l'austera Diva gli muove accusa, finché l'altro non confessa a voce spenta la sua miseria, e piangendo si rassegna nelle mani di Ma-telda, che l'immerge in Lete, perchè perda ognit^iOOQLe
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