Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DANTE ALIGHIERI
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memoria, e poscia, soavissimo pensiero, gli fa bere dell'acqua d'Eunoe, che restituisce alla mente la ricordanza del bene.
e) Paradiso. — Nel Paradiso, Dante ha per guida Beatrice, la quale quanto più s'inalza presso l'ultima salute tanto più si abbella ; ed il suo sorriso di cielo in cielo si fa più ardente e mansueto e profondo.
La forma generale del Paradiso è ordinata sul disegno delle sfere Tolemaiche, traverso alle quali Dante ascende verso Dio, tiratovi dal sorriso della sua intelligenza. Dieci cieli novera Dante; nel più basso, dove si volge la Luna, si beano della visione divina gli spiriti che senza dritto consenso di volontà mancarono ai loro voti; nel secondo, ove brilla Mercurio, s'accolgono gli spiriti che ressero virtuosamente gl'ìmperii; nel terzo, ove fiammeggia Venere, ridono le anime a cui fu perdonato per giusta espiazione il gentil peccato d'amore; nel quarto, ove impera il Sole, sono i sapienti in divinità; in Marte, che signoreggia la quinta sfera, trionfano i martiri di Cristo e della croce; nell'equo Giove i giusti ; e nel melanconico Saturno i contemplativi. Dall'ottavo cielo, che si costella degli astri immobili, Dante volge uno sguardo di disdegnosa pietà a questa nostra angustaAjuola che ne fa miseri e rei,
e risponde alle disamine che intorno alla fede, alla speranza e alla carità gli muovono i tre Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni; dopo di che assolto e consacrato, entra infine nel cielo angelico e spirituale, che è sopra i cieli della scienza e della materia. Qui Teramente il genio di Dante trasumanò; nè è da credere che sia possibile rendersi ragione delle maravigliose bellezze di questi ultimi canti, senza un cotale sforzo di spiritualizzare la fantasia. E ben pare che il poeta ce ne ammonisse scrivendo
0 voi che siete in piccioletta barca, Desiderosi d'ascoltar, seguiti Dietro al mio legno, che cantando varca,
Tornate a riveder gli vostri liti : Non vi mettete in pelago ; chè forse, Perdendo me, rimarreste smarriti.
(Parad., n).
Gloria vera e beatitudine del paradiso, secondochè Dante con piena serietà immaginavasi, aveva ad essere la pace e la vita razionale ; perchè
La mente, che qui luce, in terra fuma;
e però noi vi troviamo il più audace misticismo mansuefatto da un fermo riposo di fede, e arrischiate le più diffìcili e più pericolose quistioni, e risolute secondochè portavano le scienze a quei tempi, e alcuna volta argutissimamente, come il problema della felicità celestiale egualmente piena e inegualmente intensa, quello dei voti e della volontà non assenziente e non repugnaute, quello del deicidio voluto da Dio a redenzione del mondo e nondimeno vendicato sugli Ebrei, quello della lingua primitiva, e dell'organamento delle sostanze spirituali, e della resurrezione della carne. Sopra ogni ' cosa è da meravigliarsi che l'Alighieri avesse sì
gran reverenza al suo tema, ch'egli in tutta questaterza cantica, come rapito veramente oltre ogni possibilità ed ogni memoria naturale, non abbia cercato mai di aggiustar le cose da lui immaginate e descritte alle necessità umane, ai bisogni della comune dei lettori, e agli artificii de' contrapposti, dei riposi, e degli episodii poetici. Ed è forza riconoscere che il Paradiso di Dante per ciò appunto non soffre confronti, perchè è in tutto remoto da (\vlq\Y antropomorfismo di cui l'ultima scuola eghe-liana accusa ogni religione e principalmente il cristianesimo. Onde altridisse a scherno cheil Paradiso di Dante appare una congrega di anacoreti ed un concilio di scolastici ; e veramente esso è fatto per l'intelligenza, benché l'amore v'abbia parte più ancora che la ragione. E in tutto può dirsi che non si trova nell'ampio giro delle creazioni umane, a chLomar sotto questo nome anche i libri sacri, alcuna creazione più spirituale di questa. Gli ultimi capitoli poi della cantica divina toccano il sommo della misticità :
Luce intellettual piena d'amore, Amor di vero ben pien di letizia, Letizia che trascende ogni dolzore, (Por., xxx)
dove si stende l'empireo quasi come lago fulgido di fulgori, e chiuso tra due rive lampeggianti di primavera divina ; il quale poscia a più ferma vista si trasmuta in forma di candida rosa e di anfiteatro infinito, che si scopre essere la città celeste, da cui si alza l'inno sempiterno a Maria
Umile ed alta più che creatura.
E per intercessione di Maria è concesso al poeta di fissar lo sguardo là dove nè la memoria nè il pensiero possono più ritornare, e donde nondimeno derivano l'ispirazione e la consolazione immortale.
Qual è colui che sommando vede E dopo il sogno la passione impressa Rimane, e l'altro alla mente non riede;
Cotal son io: chè quasi tutta cessa Mia visione, e ancora mi distilla Nel cuor lo dolce che nacque da essa.
(Par., xxxm).
Da questa breve sposizione è facile ricavare come Dante non s'affidasse agl'impeti di un'estasi solitaria e superba ; ma credesse veracemente e umilmente, e adorasse con ferma quiete le immagini divine che la sua fantasia gli veniva colorando sulle traccio dei dogmi e delle credenze della cristianità. Per questo ei ritrae e disegna con si profonda confidenza le sue figure infernali e celesti, e non si rifugia mai nelle reticenze e negli scorci dell'immaginazione, ma vede, e sa che la sua visione sarà assentita dalla coscienza de' suoi tempi. E però alla sua fede, più che ad altro, e alla fede dell'età sua deve l'Alighieri la sua s!cura evidenza. A dispetto di questa verità, si armeggiò lungamente e si armeggia tuttavia dai critici per chiarire i sinceri ed ultimi intenti di Dante ; e i più dissero ch'egli aveva pigliato a scrivere il suo viaggio poetico per poter a sua posta infamare i nemici suoi e della sua setta, e lodare amici, e vituperare chierici e papi, e svelenire lev^rOOQie
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