Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DANTE ALIGHIERITutto il Trecento co* suoi commentatori par ripetere quel verso dell'epitafio :
      Tkeologus Danies nullius dogmatis expers,
      e il solo Boccaccio cercò, come portava la natura Bua, le ragioni del cuore. Quello che il Petrarca, dittatore che fu dei rinascenti studii nel xiv secolo, pensasse dell'Alighieri, non è ben chiaro ; certo nei Trionfi lo imitò con picciola vena di fantasia; e nelle liriche lo vinse di copia e di finitezza, non d'affetto. Nel successivo secolo \v le lettore in Italia declinarono a scolastica di parole e di frasi; e non si richiedeva meno perchè gl'ingegni raffreddati si l'insignorissero per grammatica del buon latino, e disnebbiassero l'antichità dalle fantastiche trasfigurazioni del medio evo. E però l'Alighieri, barbaro latinante e cristianizzatore delle reliquie classiche, doveva scadere di pregio presso eruditi che aspiravano a rifare il paganesimo. Il secolo xvi, che portò il più bel fiore delle arti figurative, predilesse del divino poema principalmente il lato plastico; e certo gli spigliati ed eleganti ingegni che sì bene contraffacevano Virgilio e Cicerone dovettero ammirare i pregi rettorici dell'Alighieri, e la sua sfolgorata e continua ipotiposi; benché più volentieri si adagiassero nell'imitazione del Petrarca, e nel suo afrodisiaco concettualismo. E neppur quelli fra i cinquecentisti che per tempera d'ingegno più grave, per più squisito senso filologico sentironsi inclinati a Dante, seppero dar ragione di quel loro anacronismo estetico; imperocché le dottrine critiche di Aristotile e gli esempi d'Omero e di Virgilio non poteano certo assestarsi al poema dell'Alighieri, dove in nuovo modo l'epica e la lirica si mescono colla drammatica e colla didattica, cosicché'spesso i difensori di Dante, uomini dottissimi, come il Varchi e il Mazzoni, rimasero inviluppati e conquisi da un Castravilla, da un Bulgarino e da alcun altro schermeggiatore catafratto di greche e latine autorità. Il seicento avrebbe dovuto adorar Dante, se fosse vero quel che diceva un novatore d'allora, scopo della poesia essere la meraviglia. Ma siccome le meraviglie dei secentisti erano in magnificaggini verbose e aguzzature di concetti che neppure sfiorassero il cuore, cosi nessuna età riuscì più antidantesca di quella in cui l'Andrei ni col suo infelice Adamo chiamava sulle scene gli angeli, i demonii e le virtù teologali, ed in cui il Marino affettava di nascondere, sotto le rosee carnalità del suo Adone, austere allegorie d'intemerata moralità. E tanto scarsa fu in questi tempi la notizia della visione dantesca, che non se ne giovarono nemmeno gli scrittori ascetici, i quali, non senza pregio di poetico artificio, composero quei celebri manuali del teiTore, che sono le Sette Trombe e le Verità Eterne, dove l'ispirazione viene dirittamente dalle più tenebrose leggende dei bassi tempi ; nè v'è indizio di quella graduazione filosofica di pene, che l'Alighieri introdusse nelle sue due prime cantiche. Tra i celebrati scrittori di questo secolo, solo per avventura il Bartoli mostrò d'esser devoto a Dante, e ne serba segno nelle sue, per dirla col linguaggio dei pittori, accademie e notomie di stile.
      Nei principii del xvm secolo, che vide il lento risorgere della civiltà italiana, Dante non era ornaipiù che una venerabile ruina, e appena di lui cono-scevansi pochi brani di piana lezione. Ma a mano a mano che si vennero afforzando e sgomitolandosi le tradizioni della letteratura nazionale, Dante tornava in memoria e in onore ; e primi ne ragionarono curiosamente bibliografi e biografi ; poi grammatici ed eruditi, infine l'Italia stupì, come di novità grande, allorché uscirono le Visioni del Varano, che di Dante imitano il ritmo e il rilievo ; benché sieno figure cavate ili legno faticosamente, e non gettate in bronzo di colpo. Quest'ombra fievole bastò a dare la misura del gigante. E le orecchie assottigliate dietro i flauti di Metastasio, o intronate dal rombo dei mulini frugoniani, repugnarono invano; ultimo il Bettinelli, gesuita volteresco, abburattatore egli stesso di versi, e ingegno non maligno veramente, nè volgare.
      Nelle sue Lettere Virgiliane, relegando Dante tra le rugginose anticaglie e facendone l'Ennio della nostra lingua, egli ripeteva quello che da cent'anni pensavano, se non dicevano, gl'Italiani; ma cosi tardi e importuno, che parve insolenza e novità. Imperocché se allora nè in Italia, ne fuori v'era anima che comprendesse ciò che pochi anni innanzi aveva scritto l'unico Vico, Dante essere VOmero della barbarie ricorsa, s'incominciava però a indovinare da molti la soavità, la forza e la gioventù immortale della lingua dantesca; e già il V anetti, il Gozzi, il Parini davano segno nelle opinioni e negli scritti loro d'aver provato il forte innesto. Poco appresso Alfieri e Monti, che fu salutato Dante redivivo, e più acconciamente assomigliato poscia a un eccellente pittore che imiti con fluido pennello risalti di bassirilievi e di statue, e infine Ugo Foscolo, il quale di Dante ebbe l'impeto e la furia, se non la luce, compirono la restaurazione e la volgarizzazione del gran poema.
      XII. Erudizione dantesca. - Critica moderna. — Dopo le bestemmie del Bettinelli cominciò veramente a pigliare ordine fermo l'erudizione dantesca, che fu in questi ultimi sessant'anni il ramo più operoso, e, convien pur confessarlo, più frondifero della letteratura italiana. Questa critica ha tre parti: bibliografica l'una e letterale; storica e dichiarativa la seconda; estetica ed interpretativa la terza. La prima si esercita investigando l'età e il valore dei codici che innanzi all'invenzione dell'arte tipografica ci conservarono la Divina Commedia; i quali sono in tanto numero, che fanno impaccio e confusione; e da essi ci vennero le varianti infinite che preparano materia inestricabile di collazioni, disputazioni e congetture (Vedi : Balbo, Vita di Dante, 1. 11, 17: Colombo di Batines, Bibliografia dantesca, Prato 1845-46, 2 voi.; Notizie e pareri intorno a forse duecento codici della Commedia di Dante, nel voi. iv della Illustrazione dantesca di Ugo Foscolo, edizione di Torino 1852).
      a) Edizioni. — Ai codici fanno seguito le edizioni, delle quali se ne conoscono ventidue del Quattrocento, primizie della tipografia: trentanove del secolo successivo ; quattro sole del Seicento ; non più di sette nella prima, e ventuna nella seconda metà del xvm secolo; e infine, dopo il 1800, più che un centinajo. Per la collazione dei codici e l'emendazione del testo si hanno a distinguere cinque età:
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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