Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DANZA ARMATAproporre persino premii nei pubblici ludi a chi fosse di più belle forme dotato, dovette sovrattutto essere portata alla danza : e se non fosse che tutte le cose umane dal lusso e dalla mollezza vengono corrotte e guaste, certo è che noi con più benigno occhio che noi facciamo presentemente dovremmo guardarla. Ma la depravazione e la licenza s'impossessarono di lei come di cosa che sopra tutte yì si prestava, prima forse che d'ogni altr'arte gentile, cosicché venne scuola di dissolutezza e d'infamia. Cosi di Grecia passò a Roma, alla Roma degl' imperatori, e nel comune lezzo viepiù contaminandosi, fu oggetto di disprezzo e d'obbrobrio ad ogni costumata persona. Onde gli schiavi e le donne mercenarie soli o quasi soli la esercitavano; benché Nerone non abbia arrossito di pubblicamente danzar nudo sul teatro. Ma da quali turpitudini si astenne Nerone? Il perchè i savii tutti a ragione la condannavano ; i Padri della Chiesa nascente la fulminavano ; e dove più dove meno licenziosa, bandita dalla massima parte dei cristiani, tenuta da altri come fomite di licenza, pei venne sino al medio evo, in cui si operò il cangiamento totale dell'aspetto d'Europa. Nei governi popolari e nelle Corti dei principi allora vesti altre sembianze di miglior contegno, mercè l'influenza che esercitava negli animi la cristiana religione. Ai tempi severi del feudalismo fu quasi affatto espulsa da quei signori troppo gelosi del loro tirannico imperio, e rimase fra il popolo e nelle ville a segno d'allegria e di giubilo ; finché ritornata con la gentilezza nelle Corti e coltivata da ogni classe di persone, pervenne sino a noi quale l'abbiamo.
      Non è nostro scopo di qui entrare a discorrerne la parte morale, nè l'igienica; ma seguendo la nostra divisione ci fermeremo in prima alquanto a considerare quello che propriamente costituisce il cosi detto ballabile nei balli dei nostri teatri, come cosa appartenente alla materia che trattiamo. Esso consiste in graziosi aggruppamenti di due o più ballerini, moventisi con passi misurati secondo il tempo della musica che gli accompagna, e rappresentanti vaghe pose, graziose mosse, sveltezza, leggiadria, destrezza. Quindi leggiere andature, si che ti pare che i piedi non tocchino terra, e salti spiccati dal suolo con sorprendente agilità ; quindi intrecciarsi carole, e fra le carole mollemente agitarsi per l'aria ed annodarsi veli e ghirlande; quindi quanto ha di voluttà la grazia dei movimenti, di vigoria la forza esercitata dallo slancio, di prestigio un continuo formarsi e sciogliersi di ben ordinate figure, presentano un gajo e piacevole intrammezzo alla mimica, che con questo costituisce il nostro ballo teatrale.
      Accennate le cose precipue intorno alla danza pura, ci resterebbe a parlare dell'azione, cioè di quel componimento scenico, il quale svolgendosi a tenore di musiche note, e procedendo con armonia di movimenti, parla col gesto, e viene ad essere compreso sotto il nome generico di pantomima ; ma per non ripeterci poi nel corso di quest'Opera, rimandiamo i nostri lettori alle voci Mimica e Pantomima, ove tratteremo delle cose più importanti relative a questo soggetto.
      Palla danza accompagnata colla musica e colcanto nacque per la poesia italiana quel genere di componimento che chiamossi Ballata (Y.), da cui possiamo ricavare una qualche idea di quel che fossero i cori delle tragedie greche, i quali parimente si cantavano e si danzavano, e su cui in sì diversa maniera e così a lungo hanno scritto molti antichi e moderni commentatori.
      DANZA ARMATA (archeol). — Questa danza, detta pure militare opirrica, fu in uso sin dalla più remota antichità. Platone parla della danza armata degli antichi Cureti dell'isola di Creta, che la favola associa agli avvenimenti della nascita di Giove. Plinio attribuisce egualmente quest'invenzione ai Cretesi, e specialmente ad un certo Pirro di Cidonia (Stor. nat.y tu). Alcuni ne fanno inventrice Minerva, altri ne riferiscono l'istituzione a Castore e Polluce; ond'è chiaro ch'essa è avvolta nell'oscurità dell'origine delle nazioni. La poesia greca rappresentando Pirro, figliuolo d'Achille, che danza armato per celebrare i funerali del padre, ci dà luogo a credere che l'uso di questa danza da ciò fosse confermato e che indi prendesse il nome di pirrica. Ciò che v' ha di più certo si è che la danza pirrica formava una parte della ginnastica dei Greci e serviva ad abbellire le loro feste e le loro cerimonie. Ecco in che consisteva questo esercizio. Gli attori, divisi in due drappelli, erano vestiti d'una tunica di porpora stretta ai fianchi da una ricca cintura da cui pendeva una spada. La loro testa era coperta di un elmo elegante. Una corta lancia e uno scudo leggiero compievano la loro armatura. Ciaschedun drappello era accompagnato da suonatori di flauto e preceduto da un maestro di ballo, che segnava il passo e dirigeva i diversi movimenti della danza. Maneggiare con destrezza la lancia e la spada, coprirsi collo scudo, attaccare, difendersi, ma sempre con grazia e sempre in cadenza, tale era l'oggetto della pirrica. Era, in una parola, una scherma danzante, una vera scuola di guerra; ed è per questa ragione che gli Spartani la tennero in gran conto e vi esercitavano i fanciulli sin dall'età di cinque anni. Si può vedere in Senofonte la vivissima descrizione di una di queste danze guerriere, eseguita alla sua presenza da giovani Traci e Greci nella celebre ritirata dei Diecimila (Anab., vi). I Romani tolsero la pirrica dai Greci; e Nerone amò quest'esercizio con tanta passione, che vi prendeva parte in pubblico, e ricolmava di doni coloro che vi si distinguevano.
      Parecchie tribù selvaggie d'America e dell'Oceania sogliono eseguir danze guerriere in occasione del banchetto che precede la loro partenza per qualche spedizione. Chateaubriand ci ha lasciato una vivace descrizione di quella che praticasi presso i selvaggi dell'America settentrionale. Uno di loro s'avanza solo, a passi lenti, in mezzo ad un circolo di spettatori, e rappresenta la partenza del guerriero; poi, fingendo di avere scoperto il nimico, si gitta carponi e fa l'atto di sorprenderlo; indi si leva, imita i movimenti del combattimento, e con una lunga e faticosa pantomima rappresenta ora la fuga, ora la vittoria, ora la morte. Allorché egli ha dato termine alla sua rappresentazione, intuonasi dagli altri un canto trionfale, e gli uni dopo gli altri prendono parte all'azione con marcie, con salti, con attacchi d'ogni maniera, finché stanchi e spos-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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