Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DANZA DEI MORTI — DAtf2lCAsati mettono termine al ballo, assiti endosi al banchetto del cane sacro, dopo il quale i combattenti si schierano in ordine per dar principio all'impresa.
      DANZA DEI MORTI (B. A. e lelter.). — Nome di una pittura allegorica nella quale si rappresentavano le varie forme e azioni della Morte nelle varie condizioni dell'uomo, e che cosi chiamossi principalmente perchè quel componimento consisteva in una danza da essa Morte condotta. Pare che l'idea di questa danza dei morti fosse originariamente tedesca e appartenesse alla poesia, ma fu di poi argomento anche ai poeti e agli artisti d'Inghilterra e di Francia. La più antica, che risale all'anno 1312, ed è quella che trovasi in Basilea la Piccola, venne descritta da Hegner nel suo Hans Holbein der Jiin-gere. I Francesi ed i Tedeschi diedero a questo ballo singolare il nome di danza macabra. A Parigi si dipinse una simil danza sui muri del cimitero degl'Innocenti, intomo alla metà del xv secolo; e Gabriele Peignot, nelle sue Becherthes sur Ics danses des morts et sur Torigine des cartes à jouer (Dijon e Parigi 1826), parla di una esistente a Dijon, la quale sarebbe del 1436. Trovansi spesso di simili pitture negli antichi cimiteri; celebre era quella a fresco, ora distrutta, del cimitero della chiesa dei Dominicani nel sobborgo di San Giovanni di Basilea. Questa danza dei morti, erroneamente attribuita a Holbein, era stata dipinta da ignoto artista in memoria della pestilenza che imperversò a Basilea nel 1431. Componevasi di sessanta figure di grandezza naturale, rappresentanti personaggi d'ogni condizione, dal papa e dall'imperatore fino al mendicante, i quali tutti erano dalla Morte invitati a danzare, secondo che dichiaravano alcuni versi morali scrittivi sotto. Più tardi vollesi da alcuno che fosse opera di certo Glauber o Klauber, ma non se n'ha prova convincente ; ciò eh' è più certo si è che nel 1480 fu ristaurata da Hans Bock, e un altro Hans Ugo Klauber, del quale leggevasi il nome sotto le figure, le diede l'ultima mano nel 1520, o secondo altri, nel 1568. Fu intagliata da Denneker nel 1544 (Augusta) edaMerian il vecchio nel 1621 in quarantaquattro stampe. Nella biblioteca di Basilea si conserva una copia di questa pittura all'acquerello, donde Holbein tolse probabilmente la prima idea della danza dei morti, i cui disegni originali passarono nel gabinetto della imperatrice Caterina II, e che, se dobbiamo prestar fede ad alcuni scrittori, quel pittore intagliò egli stesso in legno. Questo lavoro fu pubblicato in trentatrè stampe da Mechel nelle (Euvres de Jean Holbein (Basilea 1780), e in litografia da Schlott-hauer (Monaco 1829). Nel xv secolo questo genere di composizione fu in grandissima voga e si dipinsero altre simili danze in molte città, fra le quali citeremo Lucerna, col suo ponte di legno sulla Reuss, in cui vedonsi le più singolari pitture. Quella che vedesi nella chiesa di Lubecca fu terminata nel 1463; e quella in basso rilievo che ornava anticamente il castello reale di Dresda, trovasi presentemente sui muri del cimitero della nuova città, e si compone di ventisette figure d'arenaria che rappresentano persone d'ambo i sessi e d'ogni condizione. Rara è l'opera che ha per titolo Les images de la mori auxquelles soni adjoustées 12 figures (1530,
      in-4° ; 2a edizione, Lione 1547). Goethe compose una ballata col titolo di Danza dei marti, che fu tradotta da A. Maffei (Strenna Italiana pel 1844, Milano), e della quale, per la singolarità, crediamo di dover dare un saggio, non senza notare la valentìa del traduttore, che in alcune delle strofe eguagliò con grande felicità l'armonia imitativa dell'originale:
      La fiera congrèga vuol darsi trastullo, E l'anche e gli stinchi già snoda alla danza, Col povero il ricco, col vecchio il fanciullo, La ridda s'intreccia, s'ingrossa, s'avanza. Lo strascico impaccia del lungo lenzuol ; E poi che timore — non han del pudore, Ne scuotono i terghi, lo gittano al suol Or s'alzano tibie, si piegan ginocchi; V'accadono orrendi novissimi gesti. Di nacchere a guisa, di tasti mal tocchi, Vi scricchiola e crocchia lo strano tenor, ecc.
      DANZA ELETTRICA (/fis.). — Si dà questo nome ad un esperimento fondato sul principio che un corpo leggero, il quale sia attratto da un altro corpo carico d'elettricità, ne viene in seguito respinto, indi attratto di nuovo, quando sia nelle condizioni opportune. Un tale esperimento, col quale si pretese di spiegar l'origine della gragnuola, si fa collocando due dischi metallici un sovra l'altro, di modo che rimanga tra loro una piccola distanza ; collocansi sul disco inferiore alcune pallottoline di midollo di sambuco, e si elettrizza il disco superiore. Quelle pallottoline vengono tosto attratte da esso, e caricandosi di elettricità dello stesso nome, sono poi respinte sul disco inferiore; ivi perduta l'elettricità acquistata, vengono nuovamente attratte dal superiore, poi di nuovo respinte, e così di seguito, formando appunto una specie di danza fra i due dischi.
      DANZA MACABRA. V. Danza del morti.
      DANZATORI (stor. eccl.). — Fanatici del secolo xtv sorti ad Aix-la-Chapelle, donde si sparsero pel territorio di Liegi, per l'Hainaut e la Fiandra. Avevano costume di danzare a tondo, tenendosi per mano uomini e donne, con tal violenza, da stramazzare quasi privi di respiro; e pretendevano di ricevere in quello stato celesti visioni ed ispirazioni divine, che di poi raccontavansi a vicenda. Andavano limo-sinando di città in città, come i Flagellanti (V.) tenevano secrete adunanze, nelle quali animavans: vicendevolmente allo spregio per ogni maniera di culto approvato dalla Chiesa cattolica. Di cotesti settarii fa menzione Mosemio nel secolo xiv della Storia ecclesiastica (parte n, c. 5, § 8).
      DANZATORI DA CORDA (coreogr.). V. Funamboli.
      DANZICA (Gdansk) (geogr.).—Dalla città di questo nome prende la sua denominazione uno dei circoli amministrativi della monarchia prussiana, il cuiFig. 2013.
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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