Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DAYIDOWICH (BARONE DI) PAOLO — DAVILA ENRICO CATERINOtovato. Questo fu l'unico volume ch'ei ne pubblicasse. Continuata però da altri dopo la sua morte, questa collezione sali a 17 volumi, che vennero tutti ristampati a Venezia nel 1735, in 5 voi. in-4°. Egli attese poi con singolare amore a perfezionare il Vocabolario della Crusca, nella quale fatica ebbe a cooperatori il marchese Capponi e Francesco Redi ; ma avanzò tanto i due suoi colleghi di zelo, che la terza edizione del detto vocabolario, infinitamente migliorata, è dovuta in massima parte alla sua industria.
Nel 1647 fu destinato alla cattedra di lettere greche e latine nel liceo fiorentino, e quivi pure die prova quanto addentro sentisse nelle bellezze dei classici antichi, e quanto scelta e copiosa fosse la sua erudizione. Ma i dettati della cattedra non distoglievano l'operoso suo ingegno dal meditare e compire altri lavori. Egli aveva immaginate certe Veglie fiorentine ad imitazione delle Notti attiche di Aulo Gellio, di cui non rimangono più che alcuni frammenti pubblicatisi dopo la sua morte, i quali fanno lamentare che la più gran parte di una sì pregevole opera sia andata smarrita. Non imprendeva egli lavoro in cui non si proponesse per iscopo l'utilità o la gloria della patria ; e con lo s'esso generoso intendimento con cui erano scritte queste Veglie, scriveva una Dissertazione che pubblicò sotto il nome di Timauro Av aiate agli Accademici Filateti, nella quale rivendicò al Galileo l'invenzione della cicloide, e al Torricelli quella del barometro, ingiustamente loro contrastate da alcuni Francesi.
Era il Dati in relazione coi più ragguardevoli letterati del suo tempo, e tra gli altri con Egidio Menagio e con Milton tenne lunga epistolare corrispondenza. Grande si in Italia che fuori era la sua rinomanza, e però fu invitato a Roma da Cristina di Svezia, e in Francia con larghe profferte da Luigi XIV; non volle mai abbandonare la sua diletta Firenze. Quel re tuttavolta, di cui aveva ein prosa e in versi celebrate le geste, assegnatagli l'annua pensione di 100 luigi. Mancò ai vivi nel gennajo del 1675, nell'ancor fresca età di cinquantasei anni. Rimasero dalla sua morte interrotti i migliori suoi disegni, e tra gli altri parecchi lavori attinenti alla fisica ed alla geometria. Fu il Dati dotato di attività maravigliosa. Egli attendeva con pari ardore agli studii della grammatica, dell'eloquenza, dell'erudizione e della filosofia; nè trascurava perciò i proprii negozii.
L'opera più pregiata che di lui ci rimanga sono le Vite dei pittori Zeusi, Parrasio, Apelle e Protogene (Firenze 1667, un voi. in-4°), parte di un più gran lavoro che aveva ideato sulla pittura degli antichi. Quest'opera è di gran riguardo per la molta erudizione accumulata dall'autore nelle note di cui l'ha accompagnata, per cui viene ad essere uno dei migliori scritti che esistano sulla pittura antica. Gli accademici della Crusca la posero fra quelle che fanno autorità per la lingua.
Vedi Fontani, Elogio di Carlo Roberto Dati (Firenze 1794).
DATISCA (Datisca) (bot. e agric.). — Genere di piante appartenente alla famiglia delle urticee, alla diecia dodecandria del sistema sessuale, i cuiFig. 2020. — Datisca cannabina (maschio), A. Frutti maturi di pianta femmina.
caratteri sono : fiori maschi con un perigonio a cinque divisioni eguali; stami in numero di quindici all' incirca, con antere sess'.li, lunghe ; fiori femminei con perigonio a due denti ; ovario inferiore, sporgente tra i denti del perigonio, trigono, con tre stili bifidit^iOOQLe
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