Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DAUMAS MELCHIORRE G. E. - DAUNOU P. CL. FRANCESCOle venticinque lettere, se ne collocano cinque sotto ciascun dito, una alla radice di esso, l'altra all'estremità, e le tre altre negl'interstizii delle falangi. Le lettere poste sotto il pollice non hanno bensì una divisione segnata sì distintamente, ma non lasciano tuttavia incertezza di sorta ; per altra parte sono esse quelle lettere che meno si adoprano. Due asticelle isolate poste a destra della tastatura servono a rispondere ai movimenti vivi del discorso, come sì, no e simili, secondo l'accordo che credesi opportuno di stabilire.
Questo strumento dovrebbe essere di uso famigliare ai sordimuti, che posseggono il senso del tatto sì fiuo e delicato. Esso offre pure un mezzo di corrispondenza tra un sordomuto ed un cieco, e può mettere in relazione i sordimuti con coloro i quali non conoscono i segui di cui fanno uso abitualmente. Nella corrispondenza che si vuole stabilire, gl'interlocutori trovansi collocati l'uno dirimpetto all'altro, e ciascuno di essi posa esattamente la mano sinistra sulla figura della mano che vedesi disegnata dal suo lato, mentre la destra agisce sulla tastiera.
DATTILOLOGIA (poligr.). — È l'arte di conversare per mezzo di segni fatti colle dita, e il suo nome si compone di £«xtuXo;, dito, e Xóyo?, discorso. Le posizioni che si fanno prendere alle dita corrispondono ai caratteri alfabetici del linguaggio, e la serie di questi segni può chiamarsi alfabeto manuale. La principale e più utile applicazione che si faccia di quest'arte ha luogo nell'ammaestramento dei sordimuti. Nei varii istituti ad essi destinati, la dattilologia è di un uso quasi universale. Le lettere possono formarsi colle due mani oppure con una sola. L'alfabeto a due mani è particolarmente usato negl'istituti ; mentre l'altro è di un uso generale si nel continente d'Europa come nell'America. Dalla tavola che qui produciamo di ain-bidue questi alfabeti il lettore può scorgere come essi possano facilmente impararsi in meno di un'ora, e come la pratica di pochi giorni debba renderne l'uso agevole e spedito. Essi vengono spesso insegnati in brevissimo tempo ai sordimuti insieme col-l'alfabeto scritto. Nell'alfabeto ad una mano le lettere J e Z sono tracciate nell'aria ; la prima col mignolo e la seconda coll'indice ; e nell'altro la lettera H si forma ponendo diagonalmente la palma della mano destra su quella della sinistra. Gli altri segni pare che non abbisognino di spiegazione alcuna. Non è poi necessario di segnare i punti al tri-mente che con una lieve pausa, quando occorre, nell'azione manuale ; ma è mestieri che le parole siano staccate le une dalle altre o da una leggerissima pausa, o da un moto orizzontale della mano da sinistra a destra, o da una specie di buffetto fatto col medio e col pollice della mano destra.
Paragonando insieme i due alfabeti, noi troviamo che scopo di entrambi è di rappresentare il più da presso possibile le forme usuali delle lettere, quello a due mani prendendo ad imitare le lettere maiuscole, e quello ad una mano sola le minuscole. Questo mette a una specie di tortura le dita per far loro assumere una t'orina che ritragga in qualche modo del carattere scritto, e noi vediamo quindi che dopo di un infelice tentativo per formare la let-
tera X con una mano sola, esso ne ammette un'altra come variante, formata con due mani. L'altro, all'opposto, preferisce di fare con due mani ciò che farebbe meglio con una, come avviene nella lettera Q che si figura in un modo soddisfacentissinio con una sola mano, e di cui si dà tuttavia una variante eseguita con due. La C e la J rimangono le sole lettere che non possono rappresentarsi con due mani ; e la prima ha la stessa fonila nei due alfabeti. La strana anomalia che si osserva nella forma della Z sembra che non sia provenuta da altra causa che dalla mira di ottenere una certa rassomiglianza colla lettera scritta. Questi due alfabeti hanno, si l'uno che l'altro, i rispettivi loro vantaggi ; quello ad una mano, come di un uso assai più pronto e spedito, si adatta meglio alle esigenze del conversare nei discorsi con tinuati e di qualche lunghezza ; mentre l'altro, alquanto più tardo e più distinto nei suoi segni, presenta invece maggior facilità ad essere dicifrato. Questo gode inoltre del vantaggio di fornire un modo non difficile di comunicazione coi sordimuti al bujo ; poiché i caratteri formandosi coll'azione di una mano sull'altra, egli è soltanto necessario di formare colla mano destra i caratteri sulla sinistra della persona con cui si vuol convei sare, per esseme intesi.
Il primo di questi alfabeti, sul quale abbiamo nozioni più precise, fu certamente inventato in Ispagna, ove ha pure avuta origine l'arte di ammaestrare i sordimuti. Queste materie sono infatti talmente connesse insieme, che sarebbe di nessun vantaggio il considerarle separatamente. Egli è un errore volgare quello di attribuire ai Francesi l'origine di quest'utilissima arte. Se fosse vera la sentenza di un chiaro scrittore, il quale disse € che * non deve tenersi pel primo inventore di alcun'arte colui che ne parlò il primo, ma bensì quegli che ne parlò sì a lungo, sì fortemente e sì chiaramente da sforzare il mondo ad ascoltarlo », l'abate De l'Epée potrebbe rivendicarsi l'onore della sua prima invenzione. Il De l'Epée non fu però certamente l'inventore della dattilologia, e la credenza invalsa che il fosse stato, procedette forse da ciò, che sulla sua tomba nel cimitero del padre La Chaise a Parigi sta impressa la figura di una mano aperta. Se non fosse pur anche ben avverato che l'arte di ammaestrare i sordimuti ebbe origine in Ispagna, il sapere che l'alfabeto manuale fu da prima quivi conosciuto, avrebbe potuto far nascere la supposizione che in origine servisse qual mezzo di segreta comunicazione. Ma noi non possiamo a meno di assegnare a quest' invenzione un uso affatto utile e benefico, giacché è noto che questo modo di comunicazione faceva parte del sistema con cui s'insegnava ai muti a parlare. Il padre Ponce, monaco benedettino spagnuolo, che mori nel 1584, è riguardato come il primo che abbia esercitata l'arte di ammaestrare quest'infelice classe di persone; ma il sue metodo ci è affatto ignoto. Giampaolo Bonet pub blicò, nell'anno 1620, un libro nel quale prese a sviluppare i princ-ipii che lo guidarono nella educazione del fratello del contestabile di Castiglia, il quale era divenuto sordo all'età di due anni. Bonet ebbe a seguaci Digby, Wallis e Burnett in Inghilterra; Pietro di Castro da Mantova; Corrado
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