Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DECADUCHI - DECALOGOl'Alighieri, come fra i Greci da Omero, produsse quel secolo che formerà sempre una delle più belle glorie italiane.
      L'espressione e la bellezza sono i principali caratteri che ha l'arte nel suo più bel fiore; ed allorquando o l'una o l'altra di queste due cedono il campo ad altre doti di minor rilievo, l'arte necessariamente decade. Il prestigio del colorito, la scienza delle ombre, il finito e piramidato della composizione sono poco più che meccanismi se vi manca l'espressione e la bellezza; sono ombre vuote, a cui gl'ingegni deboli o corrotti invano si sforzano di dar la vita. Primo segno di decadimento dell'arte è appunto quando queste cose secondarie tengono nella mente dell'artista il primo luogo, nè si può veramente progredire se anzi tutto non si pensa a toccare il cuore e nutrir la mente ; nelle quali cose consiste il vero fine dell'arte.
      DECADUCHI (lat. decemviri, gr. SexaSou^oi) (archeol.). — Yoce greca indicante un magistrato appo gli Ateniesi, composto di dieci individui, ciascuno dei quali aveva il titolo di decaduco (SsxaSouxo;, da Ss'xa, dieci, ed fyw, ho, tengo, quasi volesse dirsi faciente parte o avente parte nel Consiglio dei Dieci), ed apparteneva al Consiglio propriamente dei Dieci), che successe a quello dei Trenta nel supremo comando in Atene, l'anno 403 avanti Cristo (Harpocrat., $. v.). Furono scelti i medesimi dalle dieci tribù, uno da ciascuna (Xen., Hell., ii, 4, § 23); ma sebbene fossero avversi ai Trenta, spedirono nondimeno ambasciatori a Sparta per chiedere ajuto contro Tra-sibulo ed i suoi compagni d'esilio, che con raro ardimento si erano impadroniti del Pireo ed avevano costretti gli ora citati Trenta a deporre la tirannide, con cui avevano per circa due anni vessata Atene, in preda a guerre interne ed esterne. Durarono però poco in carica, perchè l'opposizione fatta al prode Trasibulo, liberatore della patria travagliata ed oppressa, fu loro fatale, essendosi ristabilita, nel 402 avanti Cristo, la democrazia in Atene, dopoché nell'antecedente 403 erano stati discacciati i Trenta, surrogati da cotesti Dieci o Decaduchi, i quali vi dominarono per conseguenza meno di un anno.
      Vedi Lysias, c. Eratosth., p. 420 ; Wachsmuth, n, 2, p. 245.
      DECAEDRO (geom.). — Figura solida regolare, avente dieci facce triangolari ed eguali fra loro.
      DEC AFIDO (hot.). — Calice o corolla, il cui lembo è diviso in dieci intagli che si stendono più o meno fino alla metà dell'altezza.
      DECAGINIA (Decagynia) (hot.). — Parola composta di due voci greche che significano dieci femmine o pistilli. Nel sistema sessuale di Linneo questa voce indica un ordine di piante provvedute di dieci pistilli.
      DECAGONO (geom). — Figura piana che ha dieci lati e dieci angoli; e quando gli angoli e i lati sono eguali fra loro, il decagono dicesi regolare, e si può inscrivere e circoscrivere il circolo.
      La somma degli angoli di un decagono essendo eguale a 10 volte 2 retti meno 4 retti (V. Poligono), ovvero a 16 retti, l'angolo del decagono regolare
      è IH d'angolo retto, cioè 144° sessagesimali.
      DECAGRAMM A (metrol.). — Multiplo del gramma,
      che vale dieci volte di più di questo.
      DECAISNEA (boi.). — Genere di piante dell'ordine naturale delle lardizobalacee, affine alla stauntonia. Non se ne conosce che una sola specie, recentemente scoperta sulle pendici dell'Imalaja. Produce un frutto polposo mangiato dagli abitantiDECALITRO (metrol.). — Multiplo del litro, che vale dieci volte di più di questo.
      DECALOGO (teol.). — È il nome greco che si dà alla legge ricevuta dagli Ebrei sul monte Sinai, ed essendo composto dei vocaboli $ixa. dieci, e parola, corrisponde esattamente alla denominazione ebraica, anch'essa significante le dieci parole. Troviamo nella Bibbia che Dio stesso promulgò la sua legge in mezzo ai lampi e ai tuoni, e per due volte la scolpì su due tavole di pietra, scritte sui due lati (Esod., xxxii, 15 e 16), che consegnò a Mosè suo servo pochi mesi dopo l'uscita degl'Israeliti dall'Egitto, l'anno 1487 avanti Cristo, secondo il Calmet, e 1647 secondo Hales. Mosè le depose nell'arca dell'alleanza, e col tempo poi, cioè verso l'anno 1000 av. Cristo, l'arca e le tavole vennero collocate nel tempio di Salomone (Paralip., cap. v).
      Il Vangelo consacrò il Decalogo come base e compendio dei doveri dell'uomo verso Dio, verso se stesso e verso il prossimo, facendo dell'osservanza dei dieci comandamenti di Dio un'obbligazione ancor più stretta per tutti i cristiani, siccome quelli che erano chiamati ad una maggiore perfezione che gli Ebrei, la cui legge era soltanto la figura della nuova. Il Decalogo costituiva in qualche modo la base, gli articoli fondamentali della legislazione data da Mosè agl'Israeliti a nome di Jehova ; esso racchiudeva il monoteismo stabilito per principio e i precetti generali della morale, la morale universale e di tutti i tempi, posti sotto la salvaguardia della religione.
      Trovasi compreso tra i versetti 2 e 17 del cap. xx dell'lfrotfo, e di quivi passò nei catechismi, ma eoa alcune varianti quanto alla distribuzione dei comandamenti per articoli. A queste leggi generali tenevano dietro le leggi particolari, civili e relative al culto che da quelle derivavano, ma che la Bibbia non colloca sulla medesima linea, ed erano, per così dire, il codice sociale ed il codice ecclesiastico dopo il codice religioso e morale. I dieci comandamenti si dividono ordinariamente in due parti; la prima, composta dei tre articoli della prima tavola, espone i doveri verso Dio; la seconda, che comprende i sette articoli della seconda tavola, prescrive i doveri verso i nostri simili.
      Questo codice sacro, che riassume in dieci brevi precetti tutti i doveri dell'uomo, non merita soltanto, per cagione della fonte da cui deriva, tutta la venerazione della fede nostra, ma anche qualora si voglia considerare come monumento puramente filosofico è degno della più profonda ammirazione. Se pei Giudei e pei Cristiani esso è nell'ordine delle verità morali un gran fatto divino, sarà tuttavia per coloro eziandio che disconoscono la celeste soa origine uno dei più gran fatti morali che ci presenti la storia dell'umanità. D popolo ebreo, che te lo ha trasmesso, apparisce, mediante questo «odioe, come una luminosa eccezione in mezzo al tenebro»
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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