Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DECAPOLI - DECASILLABO VEKSOconserYan8Ì umettate. Alcuni, come la tribù dei geracini, fanno anzi la loro abituale dimora sulla terra, bastando ad essi l'umidità della pioggia o della rugiada, ovvero il tuffarsi tratto tratto nell'acqua del mare, nella quale sogliono pure deporre le uova.
Al pari degli altri crostacei, i deca podi mutan soventi la pelle ; gli adulti almeno una volta l'anno, e colla pelle esterna cambiano ancbe la membrana interna dell'esofago e dello stomaco, la quale altro non è cbe una continuazione della pelle introflessa. Nello stomaco osservansi concrezioni formate da carbonato di calce, alle quali sotto il nome di occhi di gambero attribuivansi un tempo mirabili virtù medicinali. Tali concrezioni spariscono periodicamente al cambiar della pelle, e non si riproducono che dopo solidificato compiutamente il nuovo integumento, la qual cosa induce a crederle destinate dalla natura a somministrare il materiale calcareo affine di affrettare la riproduzione del guscio.
L'ordine dei decapodi si divide in due famiglie, che sono quella dei brachiuri o con coda breve, a cui appartengono i granchi e i guardili, e quella dei macruri o con coda lunga, nella quale si comprendono i gamberi, i paguri, i palinuri, ecc. Milne Edwards ha recentemente proposto di aggiungere una terza famiglia, quella degli anomuri, per comprendere in essa quei generi che presentano alcune anomalie, a cag'on delle quali le altre due famiglie non sarebbero perfettamente omogenee.
DECAPOLI (geogr. ant.). — Contrada della Palestina, situata per la maggior parte sulla sinistra ossia a levante del Giordano. Appai teneva alle possessioni del regno d'Israele: ma venne poscia aggregata alla Siria. Plinio e Tolomeo ne parlano come di contrada faciente parte dell'ultima. Il suo nome deriva dalle dieci città (Sexa itóXt?) contenute in essa, le quali avevano fatta lega per opporsi ai principi Asmonei, da cui fu governata la nazione ebrea prima di Erode. Dopo la costui morte queste città caddero in potere dei Romani. I nomi loro erano Scitopoli, Ippo, Gadara, Dio, Pella, Gerasa, Filadelfia, Canata, Capitoliade ed Abila. Pliuio in luogo delle ultime città pone Damasco e Rafana; ma nel rimanente va d'accordo con Tolomeo, che in questo proposito sembra più degno di fede che lo scrittore romano. Giuseppe Flavio inserisce Otopo invece di Canata, e chiama Scitopoli la più grande città della Decapoli (B. Jud., 111, 8, § 7). Sebbene posta dentro i limiti del territorio d'Israele, è da credersi che la Decapoli fosse abitata da gente straniera e forse di origine greca, siccome fa supporre il suo nome. E questo può dar ragione delle numerose greggie di porci che vi si trovavano (Matt., vili, 30), contro l'uso dei paesi soggetti alla legge mosaica.
DECARBONATO (chim.). — Ciò che ha perduto l'acido carbonico, che avea in combinazione : esempio, magnesia, calce decarbonata.
DECARBURAZIONE (cAiro.). — Distruzione dello stato di carburazione di una sostanza. L acciajo si decarbura, il che è quanto dire perde una parte del suo carbonio, se si sottopone ad alta temperatura (V. Acciajo).
DECARCHIA o DECADARCHI à (lat. Decemviratus,
Decurionatus, gr. Aexapx/a, AexaSapxi'a (archeol.). —
Consiglio supremo dei Dieci, come dalla sua derivazione da fc'xa, dieci, ed dlp/4 principato, impero, autorità, potestà, da cui nei composti la forma àp-/tor collo stesso significato, Tale si è il generico significato del vocabolo, ma indicava in particolare un supremo consiglio di dieci individui, stabilito in parecchie città della Grecia dagli Spartani, in forza del protettorato che vi esercitavano, affidando al medesimo l'intero governo di quello Stato in cui aveva sede, sotto la direzione di un arconte (soprintendente, governatore, da àpjAocmfc, reggitore, giusta il verbo àpyióSw, aaw, tto>, reggo, governo, dirigo) spartano. La seconda voce adoperavasi per significare lo stesso oggetto, ma più comunemente per decurionato, ossia potere esercitato per una decade o spazio di dieci giorni, usandosi Sexap/TK per decurione, da cui poi SexaSapyt'a col ò eufonico fra due a, per denotare il magistrato dei decurioni, esercenti ciascuno il loro potere per dieci di. Sembra che il primo ad introdurre siffatta forma di governo fosse stato il famoso Lisandro ammiraglio spartano, nel 407 av. Cr., al servizio dei Persiani minaccianti la libertà greca, avendo stabilito uno di tali consigli in Efeso, durante il soggiorno che fece ivi allora colla sua flotta.
Vedi: Plut., Lys. (5) — Wachsmuth (u, 2, p. 245) — Harpocr., s. v. AexaSapyta — Schneider, ad Arisi. Poi. (ti, 146, 147).
DECASILLABO VERSO (poet.). — Non sembra altro che un aggregato di due versi, uno quadrisillabo e l'altro senario, che a principio si congiunsero in tal guisa che uno non si confondesse coll'altro, e potessero anche scriversi separatamente. Il Crescim-beni nella sua Storia della volgar poesia ne porta un esempio del secolo xin, tratto da Francesco Barberino:
Dunque gente Manda gente con quegli a percossa, Che savrannoCom'dovranno prendersi alla mossa.
Di qui si vede che il quadrisillabo componente, foimando la rima nel mezzo, potrebbe anche sospettarsi che fosse stato scritto in una medesima linea col senario, secondo l'antica costumanza di unire più versi in una linea, siccome accade nel verso Martelllano (V.), ma che dovesse realmente andar diviso.
I poeti trovarono il verso decasillabo armonioso e robusto, e ne fecero un metro a parte, non curandosi che dopo la quarta sillaba venisse la cesura, come si osserva nei seguenti versi:
Dal fulgor dei begli occhi ridenti Piove ardor, che avvalora le menti.
Del rimanente, acciocché il decasillabo sia arma nioso, deve avere inalterabilmente tre accenti, sulla terza cioè, sulla sesta e sulla nona. Alcuni tacciano questo verso di monotonia e di sdolcinatura, e forse non hanno tutto il torto. Notiamo però che serve mirabilmente alla poesia lirica, massime negli argomenti forti e guerrieri ; e la sua stessa monotonia gli dà un'aria fragorosa e rimbombante che imita molto bene la natura in composizioni di questo ge-
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