Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DECLINANTE - DECLINATORIA
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L'arte di declamare è detta dai retori antichi elo-quensa esteriore. Infatti l'argomento meglio esposto, il sentimento meglio espresso sulla carta non avranno mai alla semplice lettura la stessa potenza che vi riconosciamo quando siano animati con giustezza da una declamazione naturale e svariata. Per altra parte ella è una vera noja, e diremo quasi un supplizio l'ascoltare la lettura di un dramma mal pronunziato, sia per difetto di giustezza nelle intonazioni, sia per trivialità di modi nell'esporlo, sia per un'enfasi malintesa. Non v'ha discorso così famigliare, nè conversazione così semplice e tranquilla, che non abbia inflessioni di voci indicate dalla natura ; e non v'ha chi non trovi naturalmente le vere intonazioni al suo parlare quando voglia produrre la desiderata impressione. Perchè dunque questo medesimo individuo, la cui giusta intonazione indica il piacere, il dolore, la preghiera o il rimprovero negli avvenimenti ordinarii della vita, diviene per
10 più falso, ridicolo o affettato leggendo anche i suoi proprii scritti? Egli è perchè l'uomo è penetrato di ciò ch'egli dice naturalmente, come ogni autore quando scrive ; ma esso è distratto recitando, e gli manca l'arte di novellamente investirsene. Infatti tutta l'arte della declamazione consiste appunto nel sapersi investire dei sentimenti del personaggio che si fa parlare, e di porsi a un tratto nel suo luogo.
Del rimanente, siccome è della natura della tragedia di essere in parte ideale, egli è evidente che
11 suo linguaggio dovrà pure esserlo sino a un certo grado, e che in questo caso l'imitazione della natura comune non solamente non basterebbe più, ma distruggerebbe ogni illusione ; oltre che una dizione triviale e priva di numero e d'accento decompone il linguaggio poetico, che fu l'oggetto delle faticose e costanti indagini dei poeti che meglio il parlarono. Il tuono declamatorio, che non è mai senza gonfiezza, adottato da attori senza intelligenza e senza discernimento, fu a torto confuso colla declamazione, vale a dire con una dizione nobile, pura e conforme alle regole della prosodia, c II linguaggio nobile è l'espressione del sentimento e dell'eroismo ; il tuono declamatorio vuoto e gonfio estingue la verità. Col sublime confina lo strano ; e un mezzo tuono di più o di meno può rendere enfatico o triviale ciò die altrimenti sarebbe perfetto. Il gusto fino e delicato di un attore può solo mostrargli fin dove egli possa giungere senza offendere la nobiltà e la dignità tragica ». Queste osservazioni d'un valente scrittore sono fondate sulla più sana ragione ; e le opinioni non vanno su questo punto divise, se non perchè ci formiamo una falsa idea della vera declamazione, e perchè la confondiamo con quella recitazione scolastica, con quella cantilena altrettanto spiacevole quanto monotona, la quale, non essendo dettata da natura, assorda soltanto le orecchie senza parlare nè alla mente, nè al cuore. Certo questa pretesa declamazione dev'essere bandita dal teatro. Tuttavolta bisogna guardarsi dal proscrivere la nobiltà e la maestà dell'esporre dove sia necessario di usarle. Il semplice buon senso dovrebbe servire di regola su tale argomento, e indicare, per esempio, che la declamazione fastosa è fuori di luogo ogniqualvolta trattasi di dipingere la passione e d'esprimere un sentimento, come pure che è da evitarsi ogni enfasiin un racconto di tutta semplicità e nei discorsi di puro ragionamento. Nel leggere siamo soliti a regolare da noi medesimi il nostro tuono secondo il grado di pompa o di semplicità del libro, e nella stessa conversazione permettiamo il tuono oratorio, quando l'importanza o la gravità del soggetto lo vogliono ; egli è dunque da concedersi agli attori di pronunziare con maestà quelle parti delle tragedie che per la natura e l'importanza loro esigono di essere maestosamente esposte.
Uno dei principali ostacoli che si oppongono alla verità della declamazione è l'abitudine presa da certi attori o recitatori di alterare e forzare la loro voce o di farsi un organo fattizio. Quando non si parla colla propria voce naturale, riesce impossibile il dire con verità, e mandar fuori dal petto intonazioni che siano giuste. Ma sia pur vera e bene intuonata la declamazione, essa non produrrà quell'effetto che se ne aspetta, se non è accompagnata dall'eloquenza dello sguardo e dai movimenti del corpo adattati alla natura della situazione.
DECLINANTE (gnom.). — Il nome di quadranti declinanti è applicato nella gnomonica ai quadranti verticali, la cui sezione coll'orizzonte fa un angolo col primo verticale. Così se immaginiamo che il piano del primo verticale si muova intorno alla linea dello zenit e del nadir, questo piano diverrà declinante e non sarà più tagliato ad angolo retto dal meridiano.
Alcuni autori chiamano declinante qualunque piano verticale o non verticale, la cui sezione coll'orizzonte non coincide col primo verticale.
Alcuni altri chiamano anche declinante qualunque piano che non guarda direttamente alcuno dei quattro punti cardinali, e però, secondo essi, affinchè un piano non sia declinante basta che passi per la comune sezione del meridiano e dell'orizzonte, o del primo verticale e dell'orizzonte, vale a dire per la linea orizzontale che va da mezzodì a settentrione, o per quella che va da levante aponente (V. Gnomonica).
DECLINATO (declinatus) (hot.). — Dicesi dei rami* degli stami e degli stili tuttavolta che, essendo più o meno abbassati, si rialzano verso la sommità e formano una specie di arco. I rami dàl'asparagus crispus, gli stami ed i pistilli della hemerocallis fulva ne somministrano esempi.
DECLINATORE (gnom.). — Strumento per mezzo del quale si determina l'inclinazione o la declinazione dei piani sui quali si vogliono costruire i quadranti solari (V. Gnomonica).
DECLINATORE o DECLINATORE (geom. prat.). — È una piccola bussola usata nelle operazioni di geometria pratica per orientare la tavoletta (V. Bussola).
Gli agrimensori dànno anche il nome di declinatolo ad un cilindro di legno posto su un piede, e tagliato per mezzo di due fessure ad angolo retto che servono di traguardo.
DECLINATORE (giurispr.). — È un'eccezione colla quale una parte convenuta avanti un giudice oppone la di lui incompetenza e chiede di essere rimessa dinanzi un altro giudice, che essa pretende aver solo il diritto di conoscere la causa.
La declinatoria può aver luogo sia per ragione della qualità della persona che la propone, sia per la natura della causa per cui viene proposta.
Allorché essa può soltanto aver luogo per consido-
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Qle Dicesi Bussola
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