Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DECORAZIONE - DECOZIONEinterni di quelle città e colonie era nelle loro mani. Essi dovevano possedere un certo patrimonio, che sotto gl'imperatori variò, fino a giungere a circa 20,000 lire di nostra moneta, ed avere per lo meno venticinque anni. Il loro numero non era limitato a dieci, anzi era comunemente maggiore e talvolta ascendeva a cento. Alla testa del corpo erano i duumviri (due uomini), come i due consoli che presiedevano al Senato romano. Quelle corporazioni municipali formando tante piccole repubbliche quanto all'amministrazione interna, i cittadini avevano il diritto di scegliere i duumviri, appunto come i cittadini romani eleggevano i loro consoli ; ma sotto gl'imperatori vennero private di questo privilegio, e nello stesso tempo i decurioni perdettero il loro potere. Le corporazioni municipali furono allora amministrate da uffiziali nominati dall'imperatore ; e i decurioni vennero soltanto adoperati in riscuotere le imposte, il che gli assoggettava a grande risponsabìlità. Per la qual cosa l'offizio di decurione venendo a considerarsi come un peso, non fu più ambito da nessuno, e perdette la sua prima importanza. Il titolo di corpo decurionale ai Consigli municipali e di decurione ai consiglieri si conservò fino a tempi moderni in molte delle nostre città (V. Comune e Municipio).
Vedi Sigonio, De anfiq.jur. itnì. (rr, 4).
DECUSSAZIONE (fis.). — Il punto di decussazione è quello in cui più raggi si tagliano, come il fuoco di una lente, di uno specchio, ecc.
DECUSS0RI0 (chir.). — Strumento antico che si adoperava dopo l'operazione del trapano, per deprimere la dura madre ed agevolare l'uscita del pus frapposto a questa membrana ed al cranio.
DEDALEE (stor. ani.). — Nome di due feste nella Beozia. L'una celebravasi dai Plateesi ad Alalco-meno, in un bosco, dove esponevano all'aperto pezzi di carne bollita ed osservavano per qual parte i coitì, che venivano a cibarsene, dirigessero il volo. Tutti gli alberi su cui posavansi questi uccelli venivano immediatamente atterrati, e dei loro tronchi facevansi statue che chiamavansi dedale in onore di Dedalo.
L'altra festa era assai più solenne, e celebravasi ogni sessant'anni da tutte le città della Beozia, quasi in compenso delle feste minori omesse per altrettanti anni durante l'esilio dei Plateesi. Quattordici delle statue dette dedale distribuivansi per sorte tra i Plateesi, i Lebadei, i Coronesi, gli Or-comenii, i Tespii, i Tanagrei e i Olieronesi per aver operato una riconciliazione fra i Plateesi, e averli fatti richiamare dall'esilio intomo al tempo in cui Tebe fu ristaurata da Cassandro, figliuolo di Anti-patro. Durante questa festa una donna in abito di nozze accompagnava una statua ornata di vesti femminili sulle sponde dell'Eurota. Questa processione veniva seguita sino alla cima del monte Ci-terone da molti Beoti, ai quali si assegnavano per sorte posti determinati. Quivi s'inalzava un altare formato di pezzi di legno quadrati cementati a guisa di pietre, e vi si gittava sopra gran quantità di materie combustibili. Sagrificavasi quindi da ciascuna città della Beozia e dai più ricchi che intervenivano alla festa un toro a Giove, e un bue o una giovenca a Giunone ; i cittadini più poveri offerivanobestiame minuto; e queste oblazioni si gettavano unitamente alle statue in un mucchio sull'altare, dove appiccatovi il fuoco, il tutto era ridotto in cenere. A questa festa aveva dato origine la favola seguente. Quando Giunone, dopo di essere venuta a dissensione con Giove, si era ritirata nell'Eubea, e ricusava di riconciliarsi, il nume si consultò con Citerone re di Platea, onde trovar modo di smuoverla dal suo proposito. Citerone lo consigliò a vestire da donna una statua, di condurla attorno sa di un carro e di sparger voce esser quella Platea, figliuola di Asopo, ch'egli stava per isposare. Giove seguì il consiglio, e Giunone, udita tal nuova, si affrettò ad andarlo a trovare e ad arrendersi ad una riconciliazione, benché scoprisse a quale artifizio si era avuto ricorso per operarla.
DEDALIONE (Dadalion di Savigny) (zool.). — Genere di uccelli da preda della famiglia dei falconi, che ha per caratteri : becco corto, tarsi mediocri, acrotarsi reticolati, e per tipo il falco cachinnans di Linneo, e F. melanops di Latham. Vigore applica alla divisione presente il nome che Savigny diede all'intera sottofamiglia.
Fig. 2035. — Testa e piede del d&dalion caclìnnan».
Recheremo ad esempio la specie dcedalion melanops, il cui maschio adulto è bianco con macchie nere sul collo e sul petto ; ha dorso, ale e coda di un nero cupo, l'ultima segnata da una striscia di bianco e terminata pure in bianco; cuopritricidelle ale punteggiate dello stesso colore; cera e tarsi rossigni. Abita nella Guiana. La testa e il piede del dadalion cachinnans serviranno ad illustrarne la forma.
DEDALO (mitol.). — Ateniese, figliuolo di Eupa-lamo, discendente da Eretteo re di Atene. Egli fu , l'artefice più ingegnoso de'suoi tempi, ed a lui
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Senato Consigli Municipio Sigonio Beozia Plateesi Alalco-meno Dedalo Beozia Plateesi Plateesi Lebadei Coronesi Or-comenii Tespii Tanagrei Olieronesi Plateesi Tebe Cassandro Anti-patro Eurota Ci-terone Beoti Beozia Giove Giunone Giunone Giove Eubea Citerone Platea Platea Asopo Giunone Dadalion Savigny Linneo Latham Savigny Guiana Eupa-lamo Eretteo Atene Comune Citerone Giove
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