Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DEIDAM1À - DEI GRATIAMarte, Mercurio, Giove, Nettuno, Vulcano, Apollo o Febo. È noto che il conquistatore Alessandro, avendo avuto il capriccio di divinizzarsi, sdegnò l'ordine delle divinità secondarie, e volle essere il tredicesimo gran dio. Gli stravizzi avendo fatto perire questo dio in età di trentadue anni, altra immortalità non gli rimase che quella delle sue grandi gesta. A quest'ordine erano pure aggregate otto altre divinità principali, che i Romani chiamarono Dii 8 e ledi, e furono Giano, Saturno, Rea, il Sole, la Luna, Plutone, Bacco e il Genio o dio tutelare (cui sono molto affini i Penati e i Lari), aventi anch'esse il privilegio di ottenere immagini d'oro, d'argento e d'avorio. Il secondo ordine, ossia quello degli Dei minori (Dii minorum gcntium), componevasi principalmente di due classi; 1° degli Dei detti indigetes, ossia degli eroi ascritti fra le divinità come i semidei ; 2° dei semones, così chiamati quasi fossero semi homines, vale a dire minori degli Dei e maggiori degli uomini. Il numero di questi era infinito. I boschi, i fiumi, i prati, le solitudini erano popolati di fauni, di silvani, di satiri, di ninfe, di driadi, di amadriadi, ecc. L'agitazione dell'aria era prodotta dal volo degli zeffiri ; l'arcobaleno era la via percorsa da Iride ; il suono stesso ripercosso dalle rupi era la ninfa Eco ; infine tutta la natura sotto l'incanto della ridente mitologia era dotata di vita e d'intelletto.
Un intreccio di avvenimenti, veri o supposti, destramente collegati insieme forma una catena immensa traverso ai secoli, e rannoda per mezzo d'impercettibili anelli le nazioni e le famiglie che, durante il loro rapido passaggio sulla terra,lasciarono maggiori traccie della loro gloria e splendore. Quel romano Impero, a mano a mano ingrandito col collegarsi i popoli soggiogati dalle sue armi, tocca finalmente il suo più alto grado di elevazione sotto Ottaviano, cui l'istinto della dominazione e una gran destrezza, ajutati dalla fortuna, inalzarono all'imperio del mondo sotto il titolo di Augusto. La mente umana, dal feticismo passata al politeismo, s'inalza, in un terzo stadio del suo svolgimento religioso, al concetto del Monoteismo (V.), ossia al concetto dell'unità di Dio.
DEiDAMIA (mitol.). — Due donne di questo nome sono principalmente nominate nella favola.La prima, detta anche Ippodamia, fu figliuola di Adrasto re d'Argo, e sposa di Piritoo, le cui nozze furono insanguinate dal famoso combattimento de' Centauri e de'Lapiti (V. Centauri).
L'altra, figliuola di Licomede re di Sciro, isola del mare Egeo, divenne segretamente madre di Pirro o Neottolemo per opera di Achille, trafugato dalla madre Teti a quella Corte, in vesti femminili, per allontanarlo dalla guerra di Troja. Quest'avventura forma il soggetto del noto dramma del Meta-st&fiio, intitolato Achille in Sciro (V. Achille).
DEIDAMIA (piogr.).—Figlia di Pirro II re d'Epiro, dopo la morte del padre e l'assassinio dello zio Tolomeo, fu l'ultimo rampollo superstite della reale stirpe degli Eacidi. Ella riparò in Ambracia, ma fu indotta, mediante l'offerta d'una onorevole capitolazione, ad arrendersi. Gli Epiroti però risolvettero assicurare la propria libertà estirpando tutta la famiglia reale e ponendola a morte ; ella ricoverossinel tempio di Artemide,mafu assassinatanelTistesBo santuario.
Vedi Pausania (it, 35, § 3).
DKIDAMIA {biogr.). — Figlia d'Eacide re di Epiro e sorella di Pirro, fu fidanzata dal padre fin dalla fanciullezza ad Alessandro, figlio di Rossana, ed avendo accompagnato questo principe ad Olimpia in Macedonia, fu assediata con essi in Pidna (Plut., PyrrA., 4; Diod., xix, 35). Dopo la morte di Alessandro e di Rossana, ella fu sposata a Demetrio Poliorcete nel mentre ei tentava assodare il proprio potere in Grecia, e divenne per tal modo un vincolo d'unione fra lui e Pirro. Quando Demetrio passò in Asia ad ajutare il padre contro i re confederati, lasciò Deidamia in Atene ; ma dopo la sua sconfitta ad Ipso gli Ateniesi l'inviarono a Megara, di dove passò dipoi in Cilicia per raggiungere il marito, che aveva dato appunto la sua figlia Stratonice in moglie a Seleuco, ma, ammalatasi poco stante, morì nel 300 avanti Cristo.
DEIDRACETICO ACIDO (chim.). — Nome dato da Geuther ad un acido che s'ingenera per l'azione dell'acido cloridrico o dell'acido carbonico sull'eti-lidacetato di sodio.
DEIFICAZIONE. V. Apoteosi (stor. rei).
DEIFOBE (mitol). — V. Sibilla.
DEIF0B0 (mitol.). — Principe trojano, uno dei figli di Priamo e di Ecuba, illustre pel suo valore. Dopo la morte di Paride, durante l'assedio della sua patria, sposò Elena, di cui fu il terzo marito. Egli combattè contro Merione, uno degli amanti della bella adultera, guerriero che in un con Idomeneo aveva condotto da Creta ottanta navi contro Troja, ed uccise di sua mano tra le file nemiche il re Ipsenore ed Ascalafo, figlio di Marte. La notte terribile ai Trojani, quando il cavallo fatale fu introdotto nella città, Deifobo, tradito da Elena, rimase vittima di Menelao e di Ulisse, che, mutilatolo atrocemente, lo gettarono insepolto sulle rive del mare.
Vedi: Omero, lliad. (1. xm) — Virg., Eneid. (1. vii, V8. 495 e segg.).
DEI GRATIA (stor. sacr. ed eccl.). — Questa forinola si riscontra nelle vecchie carte dei re, dei principi e de' grandi personaggi laici ed ecclesiastici premessa ai loro titoli d'onore ; e nel Glossa-riurn del Du Cange se ne possono vedere molti esempi sin dal secolo xi. Al loro titolo i vescovi premisero la formola Dei et Apostolica Sedis gratta, o per essere la loro elezione confermata dai sommi pontefici, o per considerarsi la Santa Sede principio e fonte di tutti i vescovi, siccome è detto nel Concilio romano dell'anno 863 (cap. ni). La più antica memoria che si conosca in proposito è nelle lettere di Eberardo, vescovo di Bamberga, a papa Eugenio III (che sedette tra gli anni 1145 e li53), nelle quali si dice vescovo divina et apostolica mi-seratione. Ma Guglielmo, vescovo di Apt, s'intitolava Ego Guillelmus solitts Dei gratia Aptensis episcopus (an. 1160); il qual modo forse affettò per trovare fuori di proposito la formola Apostolica Sedis gratia, che s'incominciò probabilmente ad usare in quel tempo. In una carta però del 1021 trovasi già : Adeboldus, Dei solummodo gratia, S. Trajectensis ecclesia prcesul.
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